Esiste un ricordo "meridionale" che lega Loredana Bertè più che mai al nostro sud. Un amarcord «forte ed eterno, intrecciato proprio con questa città». Basta un attimo, una minima sollecitazione e la memoria la riporta ad antiche traversate, «a quando con mia nonna partivamo da Reggio Calabria in treno per Messina, lei vendeva le uova e poi nascondeva i soldi nell’orlo della sua lunghissima gonna nera». E poi finisce che certe cose ti restano cucite per sempre addosso. Il mare d'inverno ad esempio. O la luna che bussa alle porte del buio. I voli a planare e le guerre mai finite. Gli amici e le assenze, i luna park, strani uomini, aspettative... Il fatto è che vita e discografia di Loredana Bertè si toccano tanto spesso da sovrapporsi, fino a coincidere. Succede quando si sceglie di essere anziché sembrare. A quel punto persino chi scrive per te s'identifica tanto da riuscire a metter giù quelle che potrebbero essere le tue stesse parole. Autore e interprete, accordati sulla stessa linea. La voce no, la voce è tutta sua, è la porta d'ingresso, la via d'uscita, è lei e nient'altro che lei. Lei che sarà proprio a Messina, il 2 agosto a Capo Peloro per la decima edizione di Indiegeno Fest, l'unica data siciliana di questo suo summer tour 2024. Canterà lì, sullo Stretto da dove si vede pure la sua Calabria. Qui, in questa «Sicilia stupenda, terra nella quale è sempre un piacere tornare». Oltre due ore di musica a spasso per più di cinquant'anni di carriera, in un concerto "dedicato". Dall'artista di Bagnara al pubblico dell'Arena. Loredana Bertè è una principessa azzurra. Ma non la versione femminile di quelli che nelle favole correvano al galoppo per salvare le loro amate anche se nessuno glielo aveva chiesto. Piuttosto una eroina contemporanea che sa salvarsi da sola. Che mostrando le gambe parla di strada, di passi indietro e avanti, di balli, di percorsi, di viaggi, di ritorni. Di forza, di grinta, di muscoli, di fatica, di resistenza e finalmente di consapevolezza. L'ultima raccolta s'intitola "Ribelle", il brano di Sanremo "Pazza". C'è un manifesto spregiudicato dentro, sono parole piene di Loredana... « Sono parole che mi hanno accompagnato nella mia vita, tante volte mi son sentita dire in modo serio o ironico "sei pazza" ma non bisogna mai vergognarsi di quello che si è. Pazzia per me fa rima con libertà, quella di essere se stessi. Ho scelto proprio io il titolo della raccolta, la ribellione va sempre coltivata, oggi più che mai... quando tanti diritti da tempo conquistati sono messi in discussione». A proposito di Festival, prima sera in testa alla classifica della sala stampa. E poi quel premio della Critica intitolato a Mia Martini. È la chiusura di un cerchio? Eravate insieme su quel palco? «Mimì è sempre con me e sì, è la chiusura di un cerchio, finalmente l’abbiamo riportato a casa quel premio che per me è Il Premio in assoluto». Che significa per lei che "Non sono una signora" sia diventata inno per una, nessuna, centomila donne? «Sono stata sempre con le donne e per le donne, sono felice che "Non sono una signora" sia un inno all'emancipazione femminile, al coraggio e alla determinazione delle donne». Paga la sincerità con cui lei si è sempre raccontata? «Sì certo, credo che proprio per la mia sincerità il pubblico non mi ha mai abbandonato». Il rock è un superpotere? «Il rock è uno stile di vita che scardina le regole che ci vengono imposte». Un sogno per il futuro? «Vivo giorno per giorno, ho imparato a volermi un po' bene, non cerco più la perfezione perché nessuno è perfetto e va bene così». Cambierà mai colore ai suoi capelli (che ormai sono diventati iconici, distintivi)? «Per ora non ci penso proprio, piacciono tantissimo anche ai bambini». Ps. Alla fine Taylor Swift l'ha capito di chi è "Sei bellissima"? «Il mio era un video ironico, comunque "Sei Bellissima" è mia, magari i giovanissimi e Taylor Swift non lo sanno e gliel'ho fatto sapere. Il fatto che le persone continuino a cantarla e a dedicarla in varie occasioni mi riempie di gioia».