«È la prima volta che suoniamo in questo palasport, quindi compito di tutti è che sia un’inaugurazione come si deve». E i buoni propositi, Luciano Ligabue e il suo pubblico – «il più bel pubblico di tutti» lo ha sempre definito lui – li ha rispettati in pieno. In pieno rock’n’roll. Ed è stata una doppia inaugurazione: quella personale del cantautore di Correggio, che a Messina, finora, aveva suonato solo allo stadio Scoglio (l’ultima volta nel giugno 2019); e quella per la città, perché al PalaRescifina l’ultimo concerto risaliva a dieci anni fa, sul palco c’erano i Pooh – che fra meno di un mese torneranno a Messina, ma a piazza Duomo –, e con la doppia tappa siciliana di Ligabue è stato ufficialmente restituito ai messinesi, e non solo, uno spazio pensato per lo spettacolo, da quello regalato dallo sport a quelli musicali.
“Dedicato a noi” è il titolo dell’ultimo album di inediti di Ligabue ed è il nome di questo tour da maratoneta, una trentina di date in tutta Italia, interrotto per qualche giorno a causa di un’influenza che ha colpito il rocker emiliano, ma che comporterà solo un’ulteriore coda tra Eboli, Bari e Roma (il tour si sarebbe dovuto concludere proprio a Messina). Diecimila gli spettatori, in totale, che tra giovedì e ieri hanno battezzato la nuova vita del PalaRescifina, salutando un Ligabue splendido 63enne, in una forma strepitosa: due show da due ore ciascuno in cui non c’è stato spazio per alcuna pausa. Due carrellate di musica no-stop, pochissimi anche i “parlati”, Ligabue e la sua consolidatissima band (l’inseparabile Fede Poggipollini, l’eterno Max Cottafavi e l’ormai veterano Nick Bossini alle chitarre, Davide Pezzin al basso, Luciano Luisi alle tastiere e il ruspante Ivano Zanotti alla batteria) hanno voluto lasciare spazio esclusivo ai brani che, con il Liga e grazie al Liga, hanno messo su mattoni di storia della musica italiana.
Quel “Dedicato a noi”, dunque, ha finito per assumere un significato ancor più pieno, perché ognuno ha potuto trovare la propria dedica speciale, come se Ligabue, nel concepire un tour con una scaletta diversa per ogni serata («i miei musicisti mi odieranno», aveva pronosticato prima della partenza da Verona, a ottobre), abbia voluto riservare un’attenzione esclusiva ad ogni città, ad ogni pubblico, ad ogni spettatore.
Una devozione, verrebbe da definirla, ben presente fin dall’intro del concerto, quando sul maxischermo a forma di trapezio vengono trasmesse le immagini di Messina. La simbiosi parte da lì, poi l’arrivo sul palco del Liga, che come da tradizione scalda i motori con un brano del nuovo album e, addosso, gli occhiali da sole. Dopo il terzo brano, via gli occhiali, resta lui, gilet di pelle e braccia scoperte, chitarre regine assolute e via, una dopo l’altra, le... dediche. Ai fedelissimi, che non possono non apprezzare il ripescaggio dai cassetti di perle divenute rare ai concerti (da Voglio volere e Ti sento di giovedì, a Lambrusco e popcorn e Sarà un bel souvenir di venerdì). Ai fan “occasionali”, quelli ai quali non puoi negare l’emozione degli evergreen (Certe notti, Piccola stella senza cielo, Tra palco e realtà, Balliamo sul mondo). E poi le dediche personali del Liga, così amato ormai da più di trent’anni anche, se non soprattutto, per una innata capacità di rendere collettive anche le emozioni più intime, cantate come tali ma poi, una volta buttate di fuori, proprietà di tutti, dediche che ognuno riesce a personalizzare. Un figlio o figlia a cui dire Riderai; una compagna di vita a cui rivelare che sì, La metà della mela sei tu; un cugino che non c’è più, complice di anni indimenticabili ormai ingialliti dal tempo, a cui riservare gli struggenti versi di Lettera a G.; e un altro amico andato via prima del dovuto, uno dei musicisti storici di Liga, Luciano Ghezzi, a cui è riservato quel “nella foto con il basso a tracolla, so che pensi la vita è bella, so che certe foto non tradiscono mai” di Dedicato a noi, altro acuto di un disco, l’ultimo, apparso ispirato come nei tempi migliori.
Una sapiente alternanza tra terremoti rock, ballate e momenti da lacrima, il tutto impreziosito da un gruppo di musicisti ormai più che affiatato, nel quale non possono che spiccare, come da decenni ormai, gli assoli del chitarrista Poggipollini. Questa è stata la due giorni del Liga in riva allo Stretto, vissuta tra la città e Taormina, tra una puntata in spiaggia immortalata con un rarissimo selfie sui social e una granita al limone nel bar dei vip della perla dello Jonio. Ingredienti di quello che non può che essere un arrivederci. Del resto Messina, col suo stadio, con il suo palasport, con la sua rinnovata vocazione per i grandi eventi, ha dimostrato di esserci. E di essersi meritata la sua dedica speciale.
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