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Sergio Caputo stasera a Messina: "La musica non è tutelata come le altre arti"

Nell’aprile 1983 un giovane cantautore romano, Sergio Caputo, si fa notare col suo album di debutto “Un sabato italiano”, ricco di sonorità jazz e swing su testi acuti e ironici. L’artista festeggia i 40 anni di quel disco cult con il tour “Un sabato italiano 40 show”, che approderà oggi al Giardino Corallo di Messina. In scaletta tutti i pezzi dell’album nella versione riarrangiata per big band del 2013, riproposta nel recente cofanetto celebrativo di Sony Music, assieme a hit storiche come “Italiani Mambo”, “L'astronave che arriva” e “Il Garibaldi Innamorato”.

Ad accompagnare l’artista (voce principale e chitarra), Fabiola Torresi (basso e voce), Alessandro Marzi (batteria e voce), Paolo Vianello (piano e tastiere), Alberto Vianello (sax tenore), Luca Iaboni (tromba) e Lorenzo De Luca (sax alto).

L’album originale era troppo caratterizzato dalle sonorità dell’epoca – ci dice- con tanta elettronica e fiati finti. Ho deciso così di rifarlo con una proprietà di linguaggio musicale che lo rendesse un classico in tutto e per tutto, in una versione più originale dell’album dell’83. Una scelta che caratterizza anche il concerto, dove tutto l’album e i successi storici vengono riproposti con questo tipo di arrangiamento”.

Il disco è un concept album che racconta emozioni e suggestioni tipiche della vita notturna. Cosa lo ha reso immortale?

“Tutto l’album riflette il vissuto di quel periodo e racconta storie realmente accadute. C’era una sete di vita e di emozioni che mi portava a stare fuori fino alle prime ore dell’alba, tutti i giorni. La stessa “Un sabato italiano” è nata durante una di queste notti. I tempi sono cambiati, ma l’album più che contenere riferimenti a fatti storici o eventi precisi, parlava di emozioni, sempre presenti, allora come oggi, in cui si rispecchia tanto il pubblico dei sedicenni che dei cinquantenni. Il fattore dell’atemporalità, che ha caratterizzato anche il romanzo “Un sabato italiano. Memories” (Mondadori, 2013), è stato quindi un elemento fondamentale”.

Come è cambiato invece l’ambiente discografico rispetto a 40 anni fa?

“E’ quasi finito. L’album fisico e il diritto d’autore non esistono più. Si vive solo sui live dove le etichette non entrano e l’unica certezza sono i cataloghi dei musicisti tradizionali come Duke Ellington, Neil Young, Prince e Bob Dylan, che rappresentano il vero tesoro delle case discografiche. Penso che si dovrebbe tornare a comprare i cd, non dico il vinile perché era un’arte e andava fatta in laboratori. Le etichette e la politica dovrebbero impegnarsi per colpire a livello legislativo lo streaming. Se offri gratis il prodotto di un artista figurativo vai incontro a grandi beghe legali, mentre per la musica si è sempre detto che è libera. Non c’è quindi la stessa tutela”.

Nelle tue canzoni hai sempre unito il jazz, lo swing e la musica latina a testi ironici sull’amore, la quotidianità e le nevrosi diffuse. Quali sono stati i tuoi modelli sia per la parte sonora che lirica?

"Per i testi attingo dalla mia vita e dal vissuto culturale, essendo cresciuto con la poesia moderna americana e francese, che ha ispirato il mio modo di descrivere le emozioni. Per la musica i modelli sono artisti come lo stesso Ellington, Cole Porter e Fats Waller, artefici della canzone jazz cantata da Ella Fitzgerald, Frank Sinatra e Tony Bennett, strutturata come un brano pop, ma costruita su uno sviluppo armonico e un ritmico jazzistico. Se ho introdotto qualcosa di diverso nella musica italiana in quel momento storico, è stato sicuramente l’aver riportato quel tipo di musica all’attenzione del pubblico pop; impresa all’epoca molto difficile, rifacendomi ad artisti eccelsi, la cui arte li renderà immortali”.

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