Robert Plant, o la leggenda. La “voce” dei Led Zeppelin il 30 agosto a Taormina. L'INTERVISTA
Il 30 agosto Robert Plant si esibirà al Teatro Antico di Taormina, in uno dei sette concerti che terrà in Italia tra la fine di agosto e i primi di settembre. La leggendaria voce dei mitici Led Zeppelin presenterà al pubblico siciliano il progetto Saving Grace, nato nel 2019, che vede sul palco oltre a lui la cantante Suzi Dian, Oli Jefferson (percussioni), Tony Kelsey (mandolino e chitarre acustiche) e Matt Worley (chitarre e banjo). Chiusa nel 1980 la sua esperienza con i Led Zeppelin, dopo la morte di John “Bonzo” Bonham, il batterista di cui era grande amico, Robert Plant ha intrapreso una carriera solista lontana dai clamori dei mega concerti che lo avevano visto, tra la fine degli anni Sessanta e tutti i Settanta, assoluto protagonista con Jimmy Page, John Paul Jones e Bonzo della scena rock mondiale. Solo una volta il gruppo cedette alle lusinghe del mercato che ne chiedeva (e continua a farlo anche oggi in maniera insistente) il ritorno sulle scene. E fu il 10 dicembre del 2007, giorno in cui si tenne all’02 Arena di Londra il concerto per ricordare il patron della Atlantic Records, Ahmet Ertegun. Fu, neanche a dirlo, un successo strepitoso, al posto di Bohnam suonò il figlio Jason. Si pensi che a fronte dei 21mila biglietti disponibili, le prenotazioni in sole 24 ore si dice furono 20 milioni. I biglietti vennero sorteggiati. Si parlò di altri appuntamenti, ma Plant ha detto sempre no, rinunciando, si favoleggia, anche a un’offerta di 200 milioni di dollari. Plant, infatti, aveva fatto la sua scelta, pur continuando a collaborare sporadicamente con i vecchi compagni di strada. La morte del figlio Karac Pendragon di 5 anni e la progressiva perdita della potenza vocale, ma anche l’amore per le sfide, lo indussero a riconsiderare la sua vita e le sue priorità e da qui un progressivo ritorno agli esordi, ai temi del folk britannico, ma anche al blues, con puntate anche nel country e il recupero di brani di Donovan, Everly Brothers e Doc Watson. L’incontro, poi con alcune delle interpreti femminili più brave in circolazione, lo hanno rafforzato in queste sue scelte. A partire dalla compianta Sandy Denny, componente dei Fairport Convention, ad Alison Krauss e ora a Suzi Dian. L’incontro virtuale con Robert Plant avviene nel tardo pomeriggio, tra un suo trasferimento e l’altro di questa lunga tournée in giro per il mondo. I suoi progetti musicali più recenti comprendono spesso delle donne, può raccontarci della sua esperienza con Suzi e con altre donne nella sua musica? «Io non ne faccio una questione di genere, anche se riconosco che con le donne mi trovo molto bene a cantare. L’importante è capirsi e avere una sorta di comunione d’intenti. A guidarci dev’essere lo stesso scopo, lo stesso risultato. Ad esempio con Suzi questo legame c’è ed è molto forte. Insieme abbiamo vissuto tante avventure, che hanno fatto emergere questa consonanza. Così com’è accaduto con Alison Krausse, stella del country e del bluegrass. Ammiro molto l’approccio che le donne hanno con la musica, in particolare a livello di armonia e dinamica. Per me l’importante è che le persone che fanno parte di un progetto si sforzino di dare il proprio contributo in maniera genuina». Ci parli di questo nuovo progetto, a cominciare dal nome, Saving Grace? «Saving Grace, la grazia che salva, ha salvato prima di tutti me. Sono onorato di farne parte, sono amici, persone oneste e speciali, che mi hanno dato una grande mano. Prima dei Led Zeppelin io avevo fatto parte di un gruppo folk rock, gli Hobbstweedle, in cui trattavo elementi connessi con Il Signore degli Anelli e avevo sperimentato una dimensione molto simile. Quindi, adesso è come tornare alle origini e grazie a questi musicisti molto bravi che mi hanno accolto tra di loro penso di avere ottenuto la grazia. Chi mi conosce, poi, sa che amo confrontarmi con musicisti di altre generazioni diverse dalla mia, non faccio che imparare». Prima con i Led Zeppelin e ora con i Saving Grace interpreta canzoni che appartengono ad altri periodi storici, altri contesti creativi. «Mi piace molto questa cosa. Lo facevamo con i Led Zeppelin, pensi a un brano come “In My Time of Dying”, un brano della tradizione blues del 1926, che noi recuperammo facendone un brano di oltre undici minuti e che inserimmo in Physical Graffiti. Nei Saving Grace io e il gruppo ridiamo vita a vecchie canzoni e reinventiamo standard». Da dove viene questa passione per il folk? «Sicuramente dalla geografia (ride), sono nato vicino al Galles e ho sempre nutrito curiosità per quel mondo, il suo paesaggio e le sue leggende». A proposito di donne, una delle artiste che lei ha più ammirato è stata Sandy Denny, dei Fairport Convention, che è stata l’unica musicista che ha cantato con i Led Zeppelin in quel capolavoro che è The Battle of Evermore. «Quando Jimmy Page scrisse la parte musicale io pensai subito a Sandy per poterla cantare. Io e lei. Amavo la sua voce e la passione che metteva nella musica. Noi eravamo molto simili, non ci importava del successo anche se poi ci travolse, amavamo quello che facevamo. La sua voce è paradisiaca. Peccato sia morta, sarebbe stata una buona compagna di viaggio». Tornando ai suoi inizi, prima di entrare a far parte dei Led Zeppelin, lei ha inciso in inglese una canzone italiana, “La musica è finita”, diventata “Our Song”, portata al successo da Ornella Vanoni nel 1967, parole di Franco Califano e Nisa (Nicola Salerno) su musica di Umberto Bindi. «Siiiii! La musica è finita (ride), bellissima canzone. Quando me la proposero ebbi paura, non era facile da interpretare. Io in quel periodo immaginavo di essere un povero nero a New Orleans e aspettavo di essere prodotto da Allen Toussaint, invece mi proposero una tv ballad. Un bel brano, ma io aspettavo le ultime battute per poter essere Robert Plant (ride). In inglese il titolo era Our Song. Per interpretarla mi rifeci alla versione di Jack Jones, cantante americano famoso all’epoca. Qualche volta alla fine della giornata mi capita di cantare “La musica è finita” sorseggiando un buon bicchiere di vino bianco». L’intervista volge al termine, ma Plant ha ancora qualcosa da dire sull’Italia e su Zucchero: «Sono felice di venire in Italia per suonare e voglio ringraziare Zucchero per le belle parole che ha usato verso di me raccomandando il mio tour. Mi piacerebbe tanto che ad una delle tappe venisse a cantare con me. Ciao». (ha collaborato Manuela Mastroeni)