Messina

Domenica 24 Novembre 2024

Riccardo Fogli stasera a Messina: "In questi tempi bui la tenerezza ci salverà" INTERVISTA

"Tra le canzoni che hanno passato il tempo e le parole che devono ancora dimostrare tutto". Riccardo Fogli

«Seduto qui, dove ho registrato le cose più folli degli ultimi due anni». Lì sta Riccardo Fogli mentre parla e canta, canta e intanto parla. In quella casa, un convento del ‘600 che comprò quarant’anni fa per i suoi "vecchietti”. E da lì muoverà verso Messina, piazza del Duomo, stasera. Il concerto sarà un incrocio tra uno showcase e un talkshow, come ama chiamarlo lui. «Tra le canzoni che hanno passato il tempo e le altre parole che devono ancora dimostrare tutto». In riva allo Stretto, davanti alla gente che ancora ha negli occhi “L’ultima notte insieme” ai Pooh, si porterà tutto. Anche quel ricordo («Eravamo talmente tanti che chi faceva ordine pubblico ci disse… ragazzi, qua per uscire servono due giorni!»). Riccardo Fogli. Un figlio nato 29 anni fa (a lui è dedicato l’ultimo singolo, “La tenerezza ‘93”) «cresciuto con me, si addormentava sulla custodia della mia chitarra, in camerino, sul sedile posteriore nei ritorni a casa, coccolato da tutti i tecnici, gli amici lo portavano a mangiare lo zucchero filato…». Una bimba di 9 anni, giochi nuovi e tutto un altro modo di intendere la paternità. Una moglie che «aveva 16 anni quando i genitori la portarono a forza ad un mio concerto. Pare abbia detto… oddio, è l’uomo più bello, ma ha troppe ragazze intorno. Aspetterò che non lo voglia più nessuno e lo sposerò. Il suo professore di liceo mi confidò che stava a testa bassa, a scrivere sul diario io amo Riccardo Fogli. E lì è cominciato il karma». E la famiglia dei Pooh. «Quella da cui dopo 7 anni ho preso le distanze. Mi contestavano, non aveva a che fare con la musica, ma con le mie altre scelte. A gamba tesa nella mia vita, cosa che non si può né si deve mai fare. Ma ormai è tutto superato». E infatti, dopo cinquant’anni la reunion… «Anno meraviglioso. Dovevo suonare la chitarra, ma farlo con Dodi significava studiare. Lui mi insegnava le cose che dovevo fare, poche, perché lui solo vale già dieci chitarre, Red e Dodi mi guidavano su altre. Poi c’erano da sistemare le parole che conoscevo da Pooh fan dei Pooh. Tipo… chi fermerà la musica/l’aria diventa…morbida!». A ricantare le canzoni dei Pooh si è tutti un po’ “cantautori”... «Tutti, com’è giusto che sia». Ti senti uno di loro? «C’ero all’inizio, ci sono stato alla fine, ho pianto due batteristi, canto le canzoni di Valerio (Negrini)». Grande penna Negrini… «Ho una foto di Valerio, sta su una scala che salgo 20 volte al giorno. Ogni volta che passo lo saluto e gli dico… maremma maiala, mi passassi un po’ di genio, qualche virgola…». “L’ultima notte insieme” è stata realmente l’ultima notte insieme. Insieme a Stefano D'Orazio. «Pensarci ora a quei momenti lì… Uno a destra, l’altro a sinistra del palco. Ci incontravamo al centro, per abbracciarci. C’è stata fratellanza anche nella lontananza. Tanto non c’è intervista, giornalista, passante che non mi dica: quand’è che fate qualcosa insieme?». Eh, quand’è che fate qualcosa insieme? «Sono il Pooh che conta meno. Ma un tributo a Stefano lo farei anche domani. Però non è facile conciliare. Facchinetti dice… forse per il centennale. Attenti, che noi siamo tutti in forma!». Cosa c’è nel tuo cassetto? Sogni, altra musica… «La salute, il ritorno alla normalità. Nel terzo cassetto vorrei trovare un po’ di equilibrio. Perché questa distanza tra buoni e cattivi, tra ricchi e poveri è diventata un gran canyon. E questo non rende felice nessuno. In questo sentirsi soli di questi tempi, in questa poca musica sogno i balli lenti. Sogno la tenerezza, la tenerezza ci salverà».

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