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Il memorabile concerto del grande Arthur Rubinstein a Messina nel 1929

La “Gazzetta” del 17 dicembre 1929 riferì di un concerto “lungamente e freneticamente applaudito”, proposto a Messina dalla sede locale dell’associazione siciliana “Amici della Musica”. Alla ribalta, il violoncellista catalano Gaston Cassadò, “virtuoso d’eccezione, incomparabile per languida grazia di battute e possente palpito di amore…”. E chiudendo l’articolo, il cronista annunciò con enfasi un prossimo “avvenimento d’arte” di assoluto rilievo. “Avremo quanto prima tra noi” uno “dei più grandi pianisti del mondo, il notissimo compositore Arthur Rubinstein”.

Polacco di nascita, Arthur Rubinstein (1883-1982) nel 1906 compì una trionfale tournèe negli Stati Uniti, che segnò l’avvio di una carriera prodigiosa. Ovunque osannato, percorse in lungo e in largo l’Europa e le Americhe; poco prima del 1914 debuttò a Parigi. Possedeva la rara dote di ritrovarsi sempre al passo coi tempi, “in armonia al gusto e alle tendenze del momento vissuto”; e sapeva volgere l’intelletto verso le più elevate e ardite sfere. “Messina” assicuravano i critici, “saprà degnamente accoglierlo e valutarlo”. Non tardò molto, e l’atteso concerto messinese di Rubinstein figurò nel cartellone dell’elegante sala della Filarmonica Laudamo, di giovedì 26 dicembre 1929. Sarebbe stato - notava la “Gazzetta”- il quarto dei concerti organizzati dagli “Amici della Musica” nella nostra città in meno di due mesi: “ore davvero magnifiche di spiritualità e godimento” soprattutto per i musicologi locali, in verità non pochi e piuttosto esigenti.

Ma quel cartellone della “Laudamo” non fu possibile rispettarlo. Arthur Rubinstein, come del resto ancor oggi un po’ tutti i concertisti di chiara fama, adoperava in pubblico un suo personale strumento, che però si attese allora invano, nonostante la promessa dei rappresentanti della casa Bechstein di renderlo disponibile in tempo utile. Saltava di conseguenza, con “vivo rincrescimento” del Consiglio direttivo degli “Amici della Musica”, il concerto in programma il 26 dicembre. Perciò una diffusa cocente delusione, che l’incolpevole sodalizio organizzatore tentò di mitigare lasciando sperare di aver il grande pianista a Messina “al suo ritorno dalla tournèe siciliana”.

Ecco infatti poco dopo, nella “Gazzetta” del 28 dicembre, un sorprendente, quanto gradito, comunicato: “Domenica 29 dicembre, alle ore sedici precise, nella sala della Filarmonica Laudamo, avrà luogo il rinviato concerto del celebre pianista Arthur Rubinstein”. E di seguito, in bell’ordine elencati, i brani musicali che il concertista avrebbe eseguito su uno strumento degno davvero. Vale a dire un pianoforte Feurich a mezza coda “gentilmente fornito - scriveva la “Gazzetta” - dalla signora Pulejo De Fernex, preside del Comitato delle Dame dell’Associazione nostra”, degli “Amici della Musica”, s’intende.

Nel pomeriggio di quella domenica, diciamo pure memorabile, sul finire dell’anno 1929, il tanto sospirato concerto di Rubinstein alla “Laudamo” ebbe luogo davvero, come confermato anche da Nitto Scaglione nel suo Diario. Cogliamo nell’ampio resoconto della “Gazzetta” del 31 dicembre. ”Messina, mai abbastanza sazia di “buona”, di “vera” musica accolse con commosso entusiasmo questo mago della tastiera”; “Rubinstein, che vive oggi la sua piena maturità artistica, nella tecnica esperta e vigorosa e nella coscienza complessa e consumata - notava il cronista - ci reca il fascino della romantica Polonia e la fresca rinnovata fonte del suo spirito eletto”. Di altissimo livello i brani eseguiti: la Sonata appassionata e la Marcia turca di Beethoven; la Vision fuggitive e la Marche des trois oranges di Prokofieff; le Trois danses di De Falla. E Poisson d’or, Isle joyeuse di Debussy. Chopin, poi: Barcarolee, Deux preludes, Scherzo in si bemolle. Interpretando Chopin, l’artista “apparve più che mai avvinto a un suo meraviglioso sogno d’arte, e come rapito...”. Il pubblico “tributò all’eletto artista l’omaggio più generoso di applausi e di consensi”. Palesemente grato, Rubinstein si congedò concedendo ancora un bis. Eseguì trasognato il Valzer in do diesis dell’amato conterraneo Chopin.

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