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Messina e i vaccini, quel silenzio assordante del sindaco De Luca

Il sindaco di Messina, Cateno De Luca

C’è una manifestazione diversa di silenzio “elettorale” in corso a Messina ed è quella scelta dal sindaco Cateno De Luca. E no, il classico stop che precede il voto non c’entra. È una formula più letterale: un silenzio strano, che diventa elettorale perché i timori legati alla eventuale perdita di consenso appaiono come l’unica spiegazione, plausibile ma non condivisibile, alla scelta fatta dal sindaco. Cioè quella di rimanere in silenzio, o comunque di non alzare troppo la voce, di fronte ad un’evidenza allarmante: quel 64% di popolazione messinese vaccinata che, confrontata con la media italiana dell’80% e con il tetto minimo del 75% fissato dal commissario nazionale Covid, fa di Messina non solo la pecora nera tra le pecore nere siciliane, ma la più grande tra le città a rischio di nuove restrizioni.

Restrizioni che suonerebbero come una inaccettabile beffa, proprio quando la Sicilia è tornata in bianco e il numero dei ricoveri è in calo (oggi sono 40, il 17 settembre erano addirittura 110). Sono molti i comuni della provincia a rischiare il “rosso” o giù di lì e da gran parte di quei comuni i rispettivi sindaci hanno sciorinato continui appelli alla vaccinazione, da Taormina a Giardini Naxos, da Lipari a Rometta. De Luca ha scelto il silenzio. Solo vaghi riferimenti, nella sua ipertrofica produzione comunicativa di ogni giorno, su una vaccinazione sostanzialmente paralizzata nella città che amministra, ma anche in buona parte della Città metropolitana di cui tiene le redini. Una comunità che rischia fra qualche giorno di dover sopportare l’insopportabile merita che il sindaco che la governa dica qualcosa, una qualunque cosa. Specie se quel sindaco è lo stesso che un anno e mezzo fa conquistava le telecamere nazionali per le sue rumorose battaglie contro gli “untori”, faceva risuonare la propria voce nelle strade già deserte, imponeva coprifuoco ancor più restrittivi, presidiava giornalmente il centro operativo della protezione civile, dava la caccia ad una Renault 4 e mandava a quel paese il ministro dell’Interno. Di quel De Luca non è rimasto nulla, e l’impressione è che ad incidere siano stati i poco lusinghieri, quando non feroci (e inaccettabili anch’essi) attacchi subiti sulla sua pagina social nelle uniche due occasioni in cui il suo nome e la parola “vaccini” sono stati accostati: i Vax day organizzati in piazza, quando è toccato al primo cittadino sottoporsi a prima e seconda dose. Prima e dopo quegli appuntamenti, il silenzio. Assordante e perdurante. E, in vista del 15 ottobre, inaccettabile.

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