Cinquecentoottantaquattro cessazioni di attività a fronte di 713 nuove registrazioni nel secondo trimestre 2020. I dati Unioncamere parlano chiaro e disegnano il quadro di un tessuto produttivo che continua a perdere quota.
«Nella sola città di Messina – spiega il presidente di Confcommercio-Fipe Carmelo Picciotto – le aziende che hanno chiuso nell’ultimo trimestre sono 179 a fronte di 185 nuove registrazioni, con un saldo positivo di sole 6 imprese». I settori più in crisi quelli del commercio e dei servizi di ristorazione e alloggio. Fotografia di un terziario che non regge più la sfida del futuro.
«Se per un momento ci rivolgiamo all’estero – spiega Picciotto – ci rendiamo conto di come, da Londra, a Berlino alla Silicon Valley, le più grandi aziende mondiali, quelle che gestiscono la maggior parte del capitale e del potere, da Apple, a Google, fino a Facebook, si giovano della collaborazione di migliaia di giovani italiani che dell’Hi-Tech hanno fatto la loro professione. Esiste a livello mondiale una propensione ad investire grossi capitali sui cervelli provenienti dal nostro Paese e dal Sud in particolare».
«Se vogliamo vincere la sfida del futuro – continua il presidente Confcommercio-Fipe - è necessario puntare su questi cervelli mantenendoli al Sud, e nella nostra città, e sviluppare un nuovo sistema economico basato sulla conoscenza. Bisogna, poi, investire sui nuovi strumenti offerti dal digitale, applicarli all’industria tradizionale e metterli a servizio delle piccole e medie aziende con l’obiettivo di catapultarle nel mercato globale, senza però snaturalizzarle».
«Una sfida - prosegue Picciotto – che ci permetterebbe in un colpo solo di dare spinta all’economia locale e fermare la fuga di cervelli». Secondo le stime fornite dal sistema informativo Excelsior di Unioncamere-Anpal, infatti, nel mese di agosto in provincia di Messina si sarebbero create 1600 opportunità di lavoro, con il 7 per cento delle aziende pronte ad assumere (il 41 per cento nelle professioni commerciali e dei servizi, il 27 per cento per operai specializzati, il 17 per cento per profili generici, il 7 per cento per impiegati e l’8 per cento per dirigenti, specialisti e tecnici).
Nel 76 per cento dei casi si tratta però di contratti con durata prefissata, moltissimi gli stagionali, che solo per il 32 per cento coinvolgerebbero giovani con meno di 30 anni. «Il Coronavirus – conclude Picciotto – ha modificato il modo di fare affari, ma anche di comunicare. Se questo in un primo momento ha messo in crisi molte piccole e medie aziende, dall’altro può costituire una importante opportunità di ripresa. Investire sull’informatizzazione della propria azienda e impegnare chi governa ad uno snellimento della burocrazia divengono le strategie vincenti su cui Confcommercio-Fipe Messina punta, mettendo a disposizione delle aziende strumenti e conoscenze».
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