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Ponte sullo Stretto, «se non ora, quando?»

Il progetto del Ponte sullo Stretto

Ha ipotecato il futuro per decenni. È stato un fantasma che si è aggirato tra i meandri dei Palazzi, lungo i “Corridoi” europei, nelle stanze dei presidenti del Consiglio, tra le migliaia di carte e di elaborati progettuali, nelle pieghe dei bilanci dello Stato costretto a spendere centinaia di milioni per “non realizzare” quest’opera che molti considerano «di vitale importanza» e altri giudicano solo come «una cattedrale nel deserto». Eppure, il Ponte è ancora qui, che incombe con la sua mole imponente e vuol far sentire la sua voce.

La voce... del Ponte
Se l’ascoltassimo sul serio, direbbe di essere un capolavoro di ingegneria e architettura, ci spiegherebbe che il suo impatto è, comunque, meno pesante di tante altre opere già realizzate o in programmazione, e che tutti i Paesi, anche quelli ecologicamente più avanzati, hanno sempre costruito Ponti. E aggiungerebbe che il suo significato è meraviglioso, proprio perché tutti i “Ponti” uniscono terre e le persone che le abitano. Ci direbbe che lui, il Ponte sullo Stretto, ha atteso decenni, sapendo che finora è stato solo uno specchietto per le allodole, uno strumento di lotta elettorale, un barzelletta che fa ridere il mondo. Ma ora, concluderebbe, tutto potrebbe essere diverso, perché dopo un’emergenza tragica, come quella della pandemia, i cui effetti sul piano economico e sociale, devono ancora mostrarsi in tutta la loro drammaticità, un’opera “choc” potrebbe servire, mettendo in moto meccanismi che porterebbero al centro dell’interesse nazionale e internazionale il Sud, Sicilia e Calabria, e quel che più interessa noi, l’Area dello Stretto.

Gli emendamenti di Navarra
Ma il parere del Ponte sembra non interessare a nessuno e continua la “guerra”, spesso ideologica, a tutti i livelli. In Parlamento il deputato nazionale del Pd Pietro Navarra ha “liquidato” l’ordine del giorno per la realizzazione del collegamento stabile, bocciato dalla maggioranza della Camera e firmato dalla messinese Matilde Siracusano, come «un documento scritto male». Navarra ha ribadito di essere favorevole al Ponte ma, secondo lui, non era il dibattito sul decreto Rilancio la sede opportuna per discuterne. Non era neanche, evidentemente, quella in cui il Governo ha presentato le 130 opere per la ripartenza dell’Italia. E allora quale è la sede giusta? Lo chiediamo a tutti, ministri e deputati, e allo stesso Navarra che in Parlamento ha bocciato l’odg firmato Siracusano ma, in compenso, ha presentato due emendamenti: il primo per incentivi all’acquisto di bici elettriche, il secondo per lo stanziamento di 2 milioni all’Università di Padova per la Cappella degli Scrovegni. Non risultano altri emendamenti, a firma Navarra, riguardanti lo Stretto.

L’appello di Mollica
«I greci che la sapevano più lunga di noi – commenta Giovanni Mollica, fondatore della Rete civica per le infrastrutture nel Mezzogiorno –, a chi vantava di essere pronto a compiere imprese sbalorditive, dicevano “Hic Rodhus hic salta”. La stessa cosa verrebbe da dire a Pietro Navarra: credi veramente che il Ponte sia un’opera urgente, da avviare al più presto per il bene della vostra (tua e di Matilde Siracusano) terra? Se sì, allora presenta tu una proposta, sarà certamente scritta bene, non presterà il fianco a interpretazioni malevole e, siamo sicuri, sarà tale che la stessa Matilde Siracusano non avrà difficoltà a condividere. Presentala e falla incardinare più presto che puoi. Ecco cosa direi a Pietro Navarra...».

Il convegno di Catania
E il Ponte è stato protagonista del convegno svoltosi all’Università eCampus di Catania. È stato il sindaco etneo Salvo Pogliese a sottolineare, in apertura dei lavori, «la grandissima valenza economica dell’opera per tutta la Sicilia e per il Sud Italia, non solo per gli anni della costruzione, che, va da sé, vedrebbero un boom occupazionale senza precedenti, ma per le epoche a venire. La verità è che, in un momento così singolare della storia come l’attuale, dobbiamo tornare a sognare». Nella tavola rotonda, Salvo Andò, già ministro della Difesa e attualmente presidente di Odimed, l’Osservatorio per i diritti umani nel Mediterraneo, ha evidenziato come «il Ponte sullo Stretto, una volta realizzato, sarebbe il simbolo di una certo consistente inversione di tendenza nei rapporti fra il Nord e il Sud del Paese. L’emergenza dovuta alla pandemia, ha dimostrato, se mai ve ne fosse stato bisogno, che c’è una grande tendenza alla diseguaglianza in Italia. È questo è il nostro vero grande problema odierno, il problema che urge risolvere direi prima di ogni altro». Tra gli intervenuti anche Giovanni Mollica, il quale ha evidenziato come «i corridoi sono ovunque collettori di flussi mercantili generatori di ricchezza. Ora, ogni Paese deve crescere e contribuire a far crescere equilibratamente l’insieme. Nel Mediterraneo passa il 19% dei traffici mercantili mondiali. Parte va al Pireo, parte prosegue per Spagna e Mare del Nord. Purtroppo, la mancanza di una rete logistica impedisce alla Sicilia e all’Italia di occupare un ruolo economico e geostrategico. Diciamo che ottusi calcoli localistici hanno indotto i Governi a guardare solo verso Nord. Una visione che ha tolto peso politico ed economico all’Italia intera, creando un vuoto nella strategia europea». Interessante anche il contributo di Enzo Siviero, ingegnere e archistar di fama internazionale, rettore dell’Università eCampus: «Il mio slogan per il Ponte è: se non ora, quando? I soldi vi sono, il progetto pure! In cinque anni l’opera sarebbe transitabile e le ricadute territoriali sarebbero enormi. Che cosa serve? Innanzitutto non attendersi nulla da Roma. Sono le due regioni direttamente interessate che devono fare fronte comune».

Il “fronte del No”
Ai “pontisti” replica il “fronte del No”. «Il Ponte è solo un disco rotto – afferma il coordinatore provinciale di Articolo Uno Domenico Siracusano –, in maniera trasversale a destra e, purtroppo, anche nel Centrosinistra (come confermano le dichiarazioni dell’on. Pietro Navarra), nel mondo sindacale e in quello imprenditoriale, si susseguono interventi e prese di posizioni a indicare la necessità e la centralità del collegamento stabile sullo Stretto di Messina. Senza spiegazioni argomentate viene propinata l’idea che la costruzione dell’infrastruttura, che potrebbe realizzarsi in pochi mesi, determinerebbe l’immediato rilancio dell’economia, dei trasporti e del turismo. Il ponte, per dirla alla Bersani, rimane un meravigliosa “arma di distrazione di massa”. Siamo dentro una crisi economica senza precedenti che riguarda l’area metropolitana di Messina. Il capoluogo langue senza che nessuno metta mani a un serio modello di sviluppo che faccia almeno intravedere l’uscita dal tunnel. La crisi del turismo post emergenza sanitaria potrebbe essere un colpo mortale per alcune comunità: gli appelli, sino ad ora inascoltati, del sindaco di Taormina, Mario Bolognari, raccontano di una crisi che riguarda tantissimi centri della provincia. Nell’area industriale di Milazzo siamo di fronte al rischio fondato che, per scellerate scelte politiche regionali, si offra un alibi alle multinazionali per abbandonare il territorio invece che affrontare, come in altre parti del mondo, la questione decisiva della riconversione sostenibile degli insediamenti industriali. Occorre mettersi attorno a un tavolo e confrontarsi sulla mole delle risorse che dovrebbero arrivare dai diversi strumenti di sostegno al rilancio economico governativi ed europei. La politica, invece, dimostra tutta la propria inadeguatezza. È più facile dire “il Ponte ci salverà” invece che studiare, approfondire, verificare buone pratiche di governo locale, reinterpretare politiche sperimentate in Europa che hanno fatto uscire dal rischio di sottosviluppo città e territori».

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