Una donna fiera e determinata, non vittima degli accadimenti, ma capace di influire sui fatti per cambiarne il corso. È questo il femminile che attraverso la rappresentazione cinematografica e la forza della lirica l’ottavo Messina Film Festival Cinema & Opera, diretto da Ninni Panzera, ha rimandato al folto pubblico che ha seguito la manifestazione, sin dall’inaugurazione al Museo Regionale Accascina, con la mostra dei gioielli dell’orafo crotonese Gerardo Sacco per le regie teatrali e cinematografiche di Franco Zeffirelli, dimostrando quanto la lirica possa essere un’arte pop, di grande impatto rappresentativo ed espressivo, accessibile a tutti, nella sua capacità di mettere in scena i sentimenti umani, dai più nobili ai più violenti e distruttivi.
Narrando il rapporto del cinema con illustri compositori come Mascagni, Puccini e Verdi, attraverso eventi speciali e proiezioni di film vecchi e nuovi tratti dalle loro opere, alla Sala Laudamo, il Festival ha puntato i riflettori sulla donna, la violenza e la disparità di genere, sui rigurgiti di patriarcato che oggi più che mai inquinano le relazioni tra i sessi. La donna e la sua storia quindi, nel sociale e nel privato, fino all’applauditissimo evento di chiusura, ieri, al Teatro Vittorio Emanuele con il reading «Relazioni pericolose», ideato da Elena Marazzita per Aida Studio Produzioni e scritto da Debora Pioli con la mise-en-scéne di Marco Voleri.
La pièce rilegge «Cavalleria Rusticana», la celebre opera di Pietro Mascagni – ambientata nella Vizzini (Catania) post-Unità d’Italia e tratta dall’omonima novella di Giovanni Verga – dalla prospettiva di Santuzza, la donna usata da Turiddu per indispettire Lola, sua promessa sposa, prima di partire come soldato. A darle voce l’icona del cinema italiano Stefania Sandrelli, accompagnata dalla soprano Daria Masiero e dal pianista Rocco Roca Rey, che alternano la recitazione dell’attrice alle musiche del grande compositore livornese. Un personaggio, quello di Santuzza, non certo passivo, ma dotato di forza e determinazione, che vive l’orgoglio dell’amore ferito non cercando vendetta, ma giustizia.
«Santuzza vuole giustizia, come molte donne oggi – ci dice Sandrelli – . Non serve vendetta, ma giustizia, che è un concetto più ampio. E oggi ce ne vorrebbe tanta, per le tante donne vittime di violenza; purtroppo rimane spesso qualcosa di vuoto, poco radicata nei fatti».
Parlando del fiero orgoglio di Santuzza, spontaneo è il richiamo ad un’altra siciliana ribelle, Agnese Ascalone, interpretata dalla grande attrice sessant’anni fa, nel 1964, nel cult «Sedotta e abbandonata» di Pietro Germi, ambientato a Sciacca (Agrigento). Un ricordo presente alla sua mente perché è stato il film che l’ha portata per la prima volta in Sicilia, facendole scoprire un mondo molto diverso da quello descritto attraverso stereotipi e luoghi comuni, ma soprattutto donne speciali e moderne: «Quando mi dissero che dovevo venire in Sicilia credevo che le siciliane fossero indietro, invece erano pazzesche. Erano molto avanti, con un grande senso dell’umorismo. Ho coltivato amicizie da allora con grande gioia. Anche riguardo al famoso bikini del film, che poi era il mio, pensai che mi avrebbero presa per una spogliarellista e invece erano pronte come me. Avevano recepito questo cambiamento, anche se non potevano uscire da certi parametri, esagerare, dovevano stare a testa bassa per non essere etichettate come poco di buono».
E Santuzza, anche lei è avanti rispetto ai tempi?
«Santuzza è molto naturale, così com’è, non entra in ruoli o si muove perché le è concesso uscire o entrare in situazioni: è se stessa, con la sua natura autentica». La pièce, infatti, va oltre lo schema del triangolo adulterino tanto caro al dramma borghese, perché contiene un lavoro importante sulla donna: c’è la forza di una tragedia interiore, che non lascia scampo e rappresenta, senza possibili soluzioni o accomodamenti, le lacerazioni di una mentalità maschilista tristemente viva ancora oggi.
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