Messina

Mercoledì 20 Novembre 2024

Un giallo che smonta... il giallo e ci gioca: il nuovo libro di Domenico Cacopardo

«Il mondo è pieno di brave persone che fanno cose cattive» direbbe Poirot, ed è quello che viene in mente leggendo la recente avventura narrativa di Domenico Cacopardo Crovini, 88 anni, messinese di Letojanni, già consigliere di Stato, giornalista e scrittore giunto al suo ventesimo romanzo con «Sono io il tuo destino» (Ianieri Edizioni). Un “giallo”, per il papà del fortunato personaggio, sostituto procuratore-detective Italo Agrò, che disarciona i canoni del giallo classico, come conferma la presenza del volume nella giovane collana «Le dalie nere» di Ianieri Edizioni (il nome richiama James Ellroy) nella quale stanno insieme gialli classici, noir, casi giudiziari, intrighi storici e contaminazioni. Contaminazioni che l’autore di «Sono io il tuo destino» (allusivo sin dal titolo con l’enfasi posta sul verbo e sul pronome personale) impasta già da tempo in una sua ricerca che muove sempre dalla realtà, con la sua cifra a tratti surreale, chiara sin dal “metodo” di Agrò. Così Cacopardo, ancora una volta, scandaglia con scrupolo sciasciano i recessi della psiche umana, il familismo amorale e di frequente criminale, le passioni rovinose, il maschilismo in tutta la sua retrograda gravità, il malinteso e l’inganno, l’impostura e la verità confuse sino al crimine. Perché è nella realtà che tutto si gioca, la menzogna e il male con cui i conti, diceva Sciascia manzonianamente, sono sempre aperti. Il morto, anzi la morta c’è, sin dall’incipit, affiora dalle acque del fiume Enza, si tratta della bella veterinaria Berenice Stellanotte, che con il marito, il medico di base Temoteo Barraci, s’era trasferita nella provincia di Reggio Emilia dal paese della provincia jonica siciliana nel quale entrambi erano nati. Di famiglia borghese, erano giovani e baldanzosi, lui senza nascondere nulla della sua carica erotica (un valore di cui si è nutrito pari all’ “onore” familiare), lei consapevole del suo fascino sensuale, quando sono arrivati dal Sud, ma della nuova provincia, mentre hanno proseguito nella loro ascesa sociale, hanno presto acquisito apparenze e vizi, tra ordinari conformismi e trasgressioni. La coppia entra in crisi quando lei perde il bambino che aspettava (un maschio, al quale trasmettere, nell’idea di Temoteo, quei ”doveri” d’onore paterni e patriarcali) e così lui ogni volta che può vive fugaci incontri sessuali con amiche e pazienti, sino all’incontro fatale con la maestra Milena detta Molly, giovane assistita dai capelli rossi e gli occhi verdi («sono io il tuo destino», lei gli ripete nel momento di suprema passione), metre Berenice si lascia corteggiare sino a cedere completamente, per noia e tristezza, a Santo, cugino di Temoteo, un giovane perdigiorno arrivato al Nord, come da copione, per cercare un lavoro. Fin qui tutto “normale”, le apparenze, si sa, si salvano sempre, ma poi subentrano altri insinuanti fattori sui quali l’autore, nella sua lunga ricerca narrativa, indugia sempre, le zone d’ombra dei fatti, gli aspetti nascosti della personalità, il bipolarismo, che serve allo scrittore per smontare il mito dell’amore e degli affetti, trasformati in ossessione o, al contrario, in amorale anaffettività, il lato oscuro della psiche. Come il “falso sé” indagato dagli psicologi, l’identità artificiosa che ci si costruisce, magari assorbendola dai “miti” famigliari o dai pregiudizi radicati nelle comunità, soprattutto quelle piccole, l’inganno del presente dal quale ci si sente traditi rispetto alle “promesse” del passato. E poi ci sono i demoni personali dai quali nessuno è immune. Perciò Cacopardo, anche in questa storia sceglie il tempo misto, quel movimento narrativo tra passato e presente da lui già definito “sinusoidale”, per raccontare di questa “tranquilla” e agiata famiglia in cui succede ciò che purtroppo accade sempre più di frequente: il femminicidio, Temoteo che uccide la moglie per aver scoperto il tradimento, come si apprende sin dalle prime pagine (Cacopardo gioca col “giallo” decostruendolo, ma sempre sorvegliandolo, e portandolo a un’indagine antropologica sull’umano e sul sociale). E qui inizia quella parte “surreale” (ma quale realtà tragica non lo è?) in cui le cattive idee seguono una loro logica implacabile: la confusione tra male e bene nella mente di chi non li distingue, la determinazione manicomiale con la quale Temoteo, chiaramente colpevole (c’è un certo orgoglio narcisista nel confessare il delitto d’onore...) ma sicuro di tenere a bada la coscienza, affronterà gli anni a venire, certo che alla fine avrà il “suo” riscatto, quello malato da lui immaginato. Una storia corrusca e ambigua con le sue connotazioni famigliari sotterranee, tra un passato di menzogne, l’inganno del presente e del futuro, le situazioni e i contesti melmosi, i caratteri enigmatici al limite della patologia, il tempo frantumato e ingabbiato nella ripetitività di un quotidiano d’insignificanza, una vicenda alla quale si aggiunge un elemento nuovo, apparentemente distopico, «arbitrario ma plausibile» avverte l’autore: la storia raccontata termina nel 2026, dopo uno sventato tentativo di dividere l’Italia «con la costituzione della Repubblica democratica e indipendente della Padania, un disegno al quale non sono stati estranei il supporto della Russia che insieme alla Bielorussia, alle Repubbliche del Donbass, alla Corea del Nord e ad alcuni Stati dell’ex Unione Sovietica, ma senza la Cina, ha inviato nutrite missioni diplomatiche e sue truppe speciali e reparti della milizia Wagner».

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