Messina

Venerdì 20 Settembre 2024

Una vita contromano. Roberto "RedSox" Mantovani a Messina

Denuncia, ironia, amore per il suo mestiere e varia umanità in «Tassista di notte – Avventure di una vita contromano» (Garzanti), debutto narrativo del conducente più famoso d’Italia, Roberto “RedSox” Mantovani, bolognese doc, classe 1969, pazzo per il baseball (da cui il soprannome), estroso abitante delle strade dell’amatissima città, inesausto animatore di campagne di solidarietà (durante il lockdown consegnava gratis la spesa a chi ne aveva bisogno; raccoglie fondi per la Casa della Donne), amato dagli utenti che lo seguono su X, ma inviso nel suo ambiente per aver avviato, nel maggio del 2023, una campagna contro i colleghi refrattari all’uso del pos, pubblicando sul celebre social network, che lui continua a chiamare Twitter («Non amo l’attuale capo Elon Musk...» sottolinea), i suoi guadagni giornalieri. Roberto è diventato pure un personaggio letterario: appare, alla guida del suo «Bologna 5», nel romanzo «Lèon» di Carlo Lucarelli. Ora il suo libro racconta le dinamiche di un mondo di cui si sa molto poco. «Tassista di notte» però, non è solo uno schietto “processo alla categoria”, ma soprattutto il tentativo di trasmettere l’amore per un mestiere sempre imprevedibile. Il capoluogo emiliano è lo sfondo perfetto per una serie infinita di aneddoti e racconti collezionati da Roberto a bordo del suo #Bologna5: incontri che gli hanno cambiato la vita, inaspettate scene romantiche, corse contro il tempo, indagini sotto copertura. Uno sguardo senza veli sui chiaroscuri d’una professione difficile e ricca di colpi di scena, che l’autore presenterà stasera (ore 18) al Feltrinelli Point di Messina. Ma come nasce il libro, prosecuzione ed estensione della sua attività social? «Anni fa, proprio su Twitter, raccontavo storie notturne di clienti, soprattutto quando mi capitava qualcosa di insolito – ci dice – . Man mano che la mia battaglia contro la lobby dei tassisti cresceva e c’era tanto altro da dire, mi sono deciso a mettere per iscritto le mie esperienze. C’era tanto materiale su cui lavorare, sia per la parte di denuncia che per quella più divertente e rilassata dedicata ai clienti. Chi fa il tassista anche di notte non ha bisogno di Netflix e delle serie tv, perché sul taxi si vivono serie di vita...». Il libro alterna infatti questi due registri, tenuti insieme da una narrazione diretta ed ironica da cui emerge fortemente l’origine bolognese dell’autore. «Ci tenevo a mantenerla perché amo la mia città e chi è di fuori mi riconosce questa bolognesità. Nel libro c’è molta Bologna, tanto nella copertina quanto nello slang tipico, un misto tra il dialetto e una nuova lingua di “noi giovani” di una certa generazione. Ho voluto inserirlo anche perché studenti universitari da tutta Italia, siciliani e calabresi compresi, una volta da noi imparano questa lingua». Uno stile vicino anche al monologo teatrale “stand up”. «In fondo l’interno del taxi è un grande teatro, dove a volte non si sa se il pubblico sia io o il cliente. C’è un’alternanza, per cui qualche volta sono io il protagonista perché il cliente si confronta con me». Altro fil rouge della narrazione la presenza di Benito Catarro, personaggio di finzione emblematico di quei tassisti in malafede denunciati da Mantovani, che ogni tanto fa capolino nel racconto per contestare le sue affermazioni: «Sta diventando un personaggio famoso, magari ne faranno il protagonista di un film, perché rappresenta il peggio della nostra categoria... È una tipologia di uomo protetto da tutti, anche da brave persone. Bisognerebbe invece ribellarsi e cacciare dalla categoria tutti i Benito Catarro ed è quello che continuo a fare con le mie denunce. I colleghi mi odiano, ma io non smetto e vado avanti». Nonostante tutto consiglierebbe questo mestiere a un giovane? «Non è uguale dappertutto, perché ad esempio al Sud, diversamente dal Nord, manca la cultura del chiamare il taxi per gli spostamenti; però lo consiglio vivamente perché è il mestiere più bello del mondo».

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