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Taobuk, arroganza e sfruttamento economico nel libro di Odifreddi «C’è del marcio in Occidente»

Lo scrittore parla di fenomeno di sgretolamento di fatti e idee: «Lo dimostrano segni concreti, politici, finanziari». E presenta un volume di denuncia ad un mondo che sta perdendo sempre più certezze, con gli Stati Uniti colpevoli di un processo di disillusione

La domanda delle domande è: quanto è arrogante questo Occidente? Le risposte sono contenute nell’ultimo libro di Piergiorgio Odifreddi che, parafrasando Shakespeare, non ammette dubbi già dal titolo: C’è del marcio in Occidente (Raffaello Cortina Editore). Un’affermazione che contiene un invito a guardare oltre la superficie, al di là del detto, dentro il già acquisito. La delusione è tanta.

Insomma i custodi della pace, gli americani, sono protagonisti di sfruttamento economico, embargo commerciale, occupazione militare. La storia di questa disillusione collettiva la racconta Odifeddi in un’opera in controtendenza con quello che è il pensiero unico tanto di moda, una spietata accusa agli Stati Uniti d’America ma anche al pensiero eurocentrico diffuso nel nostro continente. La supposta superiorità dell’Occidente nei confronti del resto del mondo si basa su un’analisi che comprende scritti di premi Nobel, poeti, filosofi e famosi dissidenti: l’arroganza, la volontà di potere, ma anche l’imposizione agli altri stati, compresi quelli europei, di una forma di vassallaggio politico ed economico nascono unicamente dal desiderio di essere la prima potenza mondiale.

Un delirio di onnipotenza che Odifreddi descrive facendo ricorso a una imponente mole di documenti e a una serie di carte geografiche che mostrano il numero di basi Usa in 170 paesi, l’espansione della Nato, la perdita di terra da parte dei palestinesi rispetto al 1948, le invasioni e gli interventi militari Usa dal 1977. Numeri, percentuali statistiche sciorinati con inusuale chiarezza e semplicità: «Nel libro non parlo di ideologie ma di fatti. Per la corsa agli armamenti si spendono nel mondo duemila miliardi di dollari all’anno, una cifra difficile da immaginare. Il dato interessante è che di quei dollari, ottocento li spendono gli americani, quattrocento l’Europa: mille e duecento dollari significa il 60% del totale da parte del 10% del mondo: però i guerrafondai sono gli altri.

Putin destina alle armi 60 milioni, venti volte in meno». Ancora un’anomalia: «La Francia fa la voce grossa sull’Ucraina perché la Russia non può invadere un paese straniero: ma ha colonie in tutto il mondo. Idem la Gran Bretagna. L’85% delle terre emerse è stato conquistato da stati europei. Però siamo tutte democrazie». L’Occidente si sgretola: «Ci sono segni concreti, politici, economici. È di quindici giorni fa la rinuncia dell’Arabia di rinnovare il trattato con gli Usa che imponeva tutte le trattazioni petrolifere in dollari con qualunque stato. E cresce il potere della Brics, la coalizione di Brasile, Russia, India. Cina e Sudafrica che insieme hanno Pil e popolazione superiore a quelli dell’Occidente». Ma qual è la sua definizione di Occidente? «Io lo identifico con l’Europa e le colonie europee che sono rimaste bianche».

 

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