Una serata incantata a Taormina, dove l’arte diventa leggenda con due tra i più attesi protagonisti internazionali del festival Taobuk: la performer serba Marina Abramović e lo scrittore norvegese Jon Fosse, premio Nobel per la letteratura 2023, introdotti dalla direttrice artistica del festival Antonella Ferrara. L'artista nata nel 1946 nella ex Jugoslavia, è un personaggio unico nella scena artistica globale, proponendo performance profonde e sconcertanti in cui il pubblico è protagonista dello “spazio sacro" con azioni che riempiono di senso l’”opera”. La grandmother - "nonna" come lei si definisce - è l’incrollabile punto di riferimento della performing art, capace attraverso incredibili provocazioni di scavare nell'animo umano e nella sua crudeltà, studiarne gli abissi e poi "attraversare i muri" – come recita il titolo della sua autobiografia - abbattendo le barriere, anche quelle più profonde, indicibili, che separano l’umanità dal suo contrario.
Dolore, sofferenza, mortalità: sono le tre grandi paure degli esseri umani, che Marina ha voluto sublimare per il pubblico di Taormina che l’ha accolta come una star acclamandola al suo arrivo in piazza, dove ha dedicato ricordi, parole e un video speciale, “Le sette morti di Maria Callas” una performance multimediale in cui l’artista ripercorre alcune delle tragiche morti di protagoniste dell’opera che Callas interpretò. Da Piazza IX Aprile, dove ha dialogato con la giornalista Roberta Scorranese del Corriere della Sera, e Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze, l’appello ad amare il pianeta, amare le persone, contro le guerre e per la vita, il futuro.
Serrato il ricordo di 55 anni di carriera: la tela bruciata da colui che fu il suo primo maestro ha reso fertile un'immaginazione che sposta sempre più in là i suoi confini di un'arte “totale”, espressa anche a rischio della propria incolumità. Come accadde a Napoli nel 1974, quando Marina con Rhytm 0 mise a disposizione se stessa e una serie di 72 strumenti al pubblico, tra cui lame, pistole, e rose piene di spine, che furono usate su di lei: e il pubblico si divise tra aguzzini e difensori, con la vittoria fortunatamente di questi ultimi, per dimostrare la “teoria di Lucifero”: secondo cui anche le persone più buone possono diventare cattive se ne hanno l'occasione. Nel 1976 ad Amsterdam conobbe Ulay, compagno nella vita e nell’arte tra scandali e passione: la performance Imponderabilia del 1977 a Bologna fu interrotta dai carabinieri per oltraggio al pudore, come ha raccontato al pubblico di Taobuk. I due artisti si erano posizionati nudi davanti all’ingresso della Galleria d’Arte Moderna di Bologna: per entrare occorreva passare fra loro, scegliendo se volgersi verso l’una o l’altro. Rest Energy, con arco e frecce rivolte da Marina contro di sé e tenute a freno da Ulay, puntava invece a focalizzare la fiducia talvolta inspiegabile verso altre persone anche quando potrebbero farci del male. Il loro amore fu un'opera d'arte e anche per dirsi addio nel 1988 scelsero una modalità scenografica, con l’esibizione, The Lovers, realizzata percorrendo a piedi i 2500 chilometri della muraglia cinese dai capi opposti per incontrarsi a metà strada e lasciarsi per sempre. Si trovarono nuovamente faccia a faccia nel 2010 durante la celeberrima performance The Artist is Present di Marina, quando Ulay a sorpresa le si sedette davanti e le sorrise: lo scatto fece il giro del mondo, impossibile non sentire i battiti dei loro cuori, ovunque sul pianeta. Abramović alla Biennale di Venezia del 1997 protestò contro la guerra in Jugoslavia con la performance Balkan Baroque, passando 4 giorni a ripulire dal sangue ossa a animali. E contro la guerra in Ucraina ha riproposto a News York, The Artist is Present, con la donazione di chi si sedeva di fronte a lei a beneficio degli aiuti medici all’Ucraina.
Fosse: il racconto da Nobel dell’indicibile
«Per le sue opere teatrali e la prosa innovativa che danno voce all’indicibile”: è la motivazione con la quale l’Accademia di Svezia ha conferito a Jon Fosse il Premo Nobel per la letteratura 2023.
Lo scrittore norvegese, autore di romanzi, opere teatrali, poesie e racconti tradotti in più di 40 lingue, ha dialogato in piazza IX Aprile con Sabina Minardi, capo cultura de L’Espresso con l’introduzione di Caterina Andò, componente del Comitato scientifico di Taobuk. Attraverso un percorso che dai capolavori quali Melancholia e L’altro nome. Settologia (La Nave di Teseo) arriva alle opere più recenti, Jon Fosse, Premio Nobel per la Letteratura 2023, “ci accompagna nel suo mondo narrativo, teso alla ricerca del significato supremo dell’esistenza”. E il tema del festival, l’identità, è stato declinato da Fosse con una sottolineatura contro le discriminazioni e l’invito a rispettare ” l’anima” della scrittura senza pensare al genere, maschile o femminile. E il tema dell’identità torna anche nell’importante riferimento alla lingua usata da Fosse, il nynorsk, al centro del pezzo scritto in esclusiva per le pagine di Gazzetta del Sud e Giornale di Sicilia: è stato il primo scrittore norvegese a vincere il premio scrivendo in questo idioma minoritario, divenuto famoso.
“Aspettiamo di sparire”: la scrittura, la riservatezza, l’ispirazione, l’assenza di controllo in chi scrive e in chi legge seguendo il flusso di pensieri incontrollati; tanti i temi ricorrenti rilanciati per il pubblico di Taobuk da Fosse, tra le voci più significative e poliedriche della drammaturgia contemporanea, dopo l’esordio nella scrittura nel 1983 con il romanzo Raudt, svart ("Rosso, nero"). Una cifra stilistica caratterizzata da minimalismo, tra le contraddizioni del linguaggio e delle relazioni, rapporti familiari e di coppia. Tra le opere il dittico sul pittore norvegese Hertervig “Melancholia” , E la notte canta, Io sono il vento, Mattino e sera e la recente Un bagliore. Una narrativa legata alla realtà locale norvegese nei paesaggi, nei personaggi e soprattutto nella lingua, diretta ad abbracciare temi esistenziali e mistici di natura universale, con piccole rivelazioni improvvise e ripetizioni, che talvolta sono solo apparenti, con minimi cambiamenti lessicali. Uno stile “ineffabile”, con la capacità di dire quello che è indicibile, che è lo stesso principio alla base della poesia, o della religione: “Spero che la mia scrittura faccia capire che c’è qualcosa che va al di là della vita stessa”, ha auspicato a Taormina l’autore, che nel 2012 si è convertito al cattolicesimo riversando temi legati alla fede in frequenti passaggi delle sue opere. E parlando di Dio ha concluso anche il suo incontro a Taormina, contro i nazionalismi e con un inno a ciò che unisce e non divide: “L’identità – ha aggiunto - per me è un luogo in cui si può parlare di tutto, anche di Dio”.
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