«Me la ricordo ancora quella estate del 1961... Fu la mia prima tournée, non mi conosceva nessuno. Girammo tutta la Sicilia, toccando paesi come Lentini, Vittoria, Giarre, Gela e Taormina. Non erano concerti, era avanspettacolo. Io canticchiavo al fianco di un mangiafuoco, di un mago e di una ballerina. Ci alternavamo con le proiezioni cinematografiche: due ore il film e due ore noi. Ho cominciato così e la Sicilia è stata la mia prima volta lontano da casa...». Sessant’anni dopo è ancora qui. Lui, il più bravo dei bravi ragazzi della musica italiana, l’uomo che visse due volte (fors’anche di più). Gianni Morandi a 78 anni è ancora «Go Gianni Go! Estate 2023», pronto a tuffarsi nella ...esima (il numero mettetelo voi) tournée della sua carriera. Un’estate che lo vedrà impegnato con numerosi appuntamenti a cielo aperto nelle più suggestive località d’Italia (tra le altre, dopo la data di Agrigento, il 16 a Isola Capo Rizzuto e stasera, 10 agosto appunto a Taormina, firmata da Rapisarda management), dopo un inverno intensissimo, fatto di spettacoli nei teatri e prima ancora dalle cinque serate al Festival di Sanremo, accanto ad Amadeus.
E Taormina sa di ritorno alle origini, lì dove per un verso tutto ha avuto inizio.
«Ma Taormina è anche tantissime emozioni. Un anno dopo quella tournée di cui vi ho raccontato tornai al Teatro Antico: ero un giovanissimo cantante, al primo successo, e la Rca mi mandò in Sicilia per una festa con altri artisti. Fu lì che conobbi Lucio Dalla: mentre facevamo le prove scoprimmo di essere entrambi di Bologna, non c’eravamo mai visti prima».
Ritorno al futuro, anche se la tournée cominciata il 6 luglio è già presente. In inverno il tuo nuovo album di inediti “Evviva” con ben 5 brani su otto firmati da Jovanotti. Che nella canzone che dà il nome all’album scrive «facciamo insieme un pezzo di strada». Ma che amicizia è la vostra?
«Vi racconto un aneddoto. Era il 1988, con Lucio avevamo appena pubblicato l’album Dalla-Morandi. Eravamo sicuri del primo posto in classifica. Ma quando andammo a controllare al primo posto c’era questo ragazzo con “Gimme Five”. Lucio esclamò: “Ma chi caz... è sto Jovanotti”. Poi nel corso degli anni sono andato ai suoi concerti perché mi è sempre piaciuto, sino alla recente collaborazione. Mi ha chiamato quando ho avuto l’incidente alla mano e mi ha detto: “Vorrei mandarti una canzone perché sono convinto sia per te”. È nata la collaborazione con “Apri tutte le porte” che nel 2022 ho portato a Sanremo. Lo scorso anno ho partecipato a quasi tutte le date del suo Jova Beach Party e adesso le canzoni di questo ultimo album».
Jovanotti dice che quando Morandi entra in una stanza succede qualcosa di misterioso, l’atmosfera si ossigena, aumenta la percentuale di aria, si respira tutti meglio e ci si dispone al successo...
«Mi stupisce un po’ questa cosa, perché in realtà è quello che io penso di Lorenzo. Lui è davvero trascinante, è uno che emana energia positiva, che ti dà positività. A me la comunica e devo dirvi che è stato il mio segreto negli ultimi anni»
Nuovo passo indietro. Gianni Morandi: “l’uomo che visse due volte”. Il successo travolgente a 18 anni, le canzoni, i film. Un’ascesa incredibile. Poi il ‘68. Il mondo cambia. Morandi sprofonda nel dimenticatoio. Nessuno la cerca. E decide di tornare a studiare e iscriversi al conservatorio. Negli anni Ottanta la rinascita. Quante vite ci sono in una vita?
«C’è la vita. Ho avuto la fortuna di avere un padre che mi ha sempre messo in guardia. Anche nei momenti più felici, mi ha sempre ricordato che sarebbero arrivati quelli bui. E così è stato. Brutta bestia il successo. Vivi tutto d’un colpo e rischi di bruciarti. Non dimenticherò mai il luglio del 1971 a Milano: era il giorno di una tappa del Cantagiro ed Ezio Radaelli aveva invitato i Led Zeppelin. I ragazzi impazzivano per loro, per quel tipo di musica. Quando noi salimmo sul palco ci tirarono di tutto. Il mondo stava cambiando e noi non lo avevamo capito. Mi guardavano come se avessi 100 anni, tutto quello che avevo fatto sino a quel momento era sparito di colpo. In un attimo. Decisi di tornare a studiare. Perché quando arrivano i momenti difficili devi puntare su te stesso».
E poi tutto all’improvviso ricomincia. Una telefonata di Mogol («Gianni ma tu canti ancora?») e la sua risposta («Canto a casa, solamente con pochi amici»). E nasce così «Canzoni stonate». E poco dopo «Uno su mille», canzone di disperazione ma anche di speranza.
«Anche nel momento di più alto successo, siamo come una fiammella. E dobbiamo ricordarlo sempre. Vorrei non fermarmi mai e pensare sempre a qualcosa che deve succedere, perché il mio mondo è la musica. Vedo tanti dei miei colleghi che non hanno più voglia di fare concerti, ma io l’entusiasmo per questo lavoro, che mi ha permesso di girare il mondo e di conoscere tanta gente, ce l’ho ancora. Vedere che la gente ha ancora voglia di ascoltarmi mi dà energia e forza. In questo tour, come in quello invernale, è così. Però ho chiesto a mia moglie Anna di avvertirmi un minuto prima che io diventi patetico».
Nell’ultimo album c’è una canzone scritta per tuo figlio. Canti «avrei dovuto, avrei voluto ancora proteggerti da quel che non si avvera». Quanto è difficile il rapporto con un figlio?
«Fare il genitore è davvero difficile. Non sai se esserlo troppo o troppo poco. Se tirare le briglia o scioglierle. Tante cose si capiscono solo con gli anni. È una questione di equilibrio».
La Sicilia ma anche la Calabria sono pronte a riabbracciarti.
«Della Sicilia amo tutto. A cominciare dal cibo, il mio amico Fiorello mi ha consigliato un bar a Taormina dove prendere la granita. Ma ho tantissimi ricordi anche della Calabria: mi tornano in mente i concerti a Reggio Calabria ma anche a Falerna e S. Onofrio. E poi per me la Calabria è il ricordo del mio grande amico Mino Reitano. Aveva la sua terra sulla pelle e me ne parlava sempre. Il mio pensiero va a lui».
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