Dal Covid all’invasione dell’Ucraina, dal progetto di difesa comune al rapporto con gli Stati Uniti, dal Pnrr al Patto di stabilità e crescita. Temi cruciali per un’Europa sempre più radicata nelle dinamiche politiche e istituzionali dei 27 Stati membri dell’Ue. Influente a tal punto da orientare e condizionare le rotte dei governi in un rapporto dialettico che appare indispensabile. Nella cornice di Taobuk gli argomenti sono stati affrontati ieri sera dal Commissario all’Economia della Commissione europea, Paolo Gentiloni, stimolato dalle domande del direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana. L’ex premier, con il suo stile felpato ma rigoroso, ha delineato gli scenari sulle prime linee che animano serrati confronti tra l’Ue e i singoli Stati. Partendo dalla frontiera inamovibile che unisce i confini del Vecchio Continente: «Siamo a fianco dell’Ucraina. È uno snodo decisivo per la tenuta dell’Europa – osserva – . E in questa direzione la risposta è stata straordinaria, come la reazione per arginare la pandemia. Non possiamo intervenire sul piano militare, ma nello stesso tempo non possiamo darla vinta all’invasore». Paolo Gentiloni riporta alla memoria la debolezza e l’ignavia dell’Europa rispetto all’offensiva russa in Crimea: «Allora la risposta non fu all’altezza». L’aggressione di Putin, invece, ha messo sale sulla coda (di paglia) dell’Ue, accelerando processi che ristagnavano a binario morto. Svezia e Finlandia si sono affrettate a bussare alle porte dell’Unione europea. L’esigenza di impostare una difesa militare collettiva è ora tra i primi punti nell’agenda dei 27 Stati membri: «È un percorso necessario – ribadisce Gentiloni – perché la Nato, senza il ruolo militare dell’Europa, non si reggerà in piedi. Gli Stati Uniti hanno altro da fare, si sono concentrati nell’area del Pacifico, sono impegnati nel duello con la Cina». Uno scenario geopolitico ormai consolidato, tanto che il Mediterraneo, un tempo avamposto Usa, è diventato un corridoio instabile dopo la smobilitazione degli Stati Uniti: «Non possiamo essere gli unici erbivori in un mondo di carnivori», aggiunge l’ex premier italiano citando Lamy Pascal, allora capo di gabinetto del presidente della Commissione Ue, Jacques Delors. Sul versante italiano le tensioni politiche stanno mettendo in ombra il ruolo propulsivo del Pnrr, il piano varato per ridare slancio all’economia e agli investimenti dopo le ferite lasciate dalla pandemia. Gentiloni avverte: «Non ci possiamo permettere un rassegnato scetticismo. È un formidabile strumento non solo per realizzare progetti strategici per il nostro paese, ma anche per spingere l’Italia verso le riforme. E questa deve essere la prima preoccupazione della nostra classe dirigente». Il governo Meloni ha ingaggiato un braccio di ferro con l’Ue sulla revisione del Pnrr, nato con Conte, limato da Draghi e ora sulle spalle del nuovo governo che invoca margini di manovra per ricalibrare i fondi destinati all’Italia: «Nessuna rigidità, non ci sono preclusioni per la rimodulazione del Pnrr. Si può cambiare, ma bisogna rispettare i tempi. Gli 85 miliardi della terza rata all’Italia? Penso che entro la fine di questo mese la procedura si sbloccherà». Sul binario parallelo il commissario italiano è impegnato a ricamare una mediazione sul Patto di stabilità e crescita, spauracchio degli stati con debiti pubblici astronomici, come l’Italia. La Germania tira la corda per imporre vincoli rigorosi, ma Gentiloni - che può contare anche sulla Francia - ha articolato una riforma che privilegia «flessibilità e dinamiche differenziate nella riduzione del debito». Con il cappio al collo l’Italia e altri paesi non ce la farebbero. Sullo scenario politico che maturerà nelle urne alle prossime elezioni europee l’ex premier non ha dubbi. Il baricentro non si sposterà a destra: «Non ci sono i numeri per il ribaltone, reggerà l’attuale maggioranza di socialisti, popolari e liberali». Al massimo, lascia intendere Gentiloni, si aggiungerà un posto a tavola.