Una delle capacità dell’arte figurativa è quella di meravigliare, o addirittura di sbalordire. E il meraviglioso – nel doppio senso che sorprende lo scarto dalle sue opere conosciute e perché entra nel mondo infinito della fantasia – è scelto da Emanuela Ravidà (milazzese, in arte RE), che dagli “Abissi” inquietanti della sua ultima mostra, realizzati con un mirabile uso del riciclo di materiali come carta e plastica, ci fa entrare, in modo inaspettato, in quello delle favole, popolato da animali umanizzati, secondo la tradizione che va da Esopo ai fratelli Grimm.
Non solo, a meravigliarci ancora di più, ecco soprattutto il fatto che il testo è accompagnato da una serie di illustrazioni, affascinanti per adulti e bambini, ricche di colori pieni, tutto in una composizione stilistica assai lontana da quelle, sempre significative e ricche di idee e di qualità tecniche e compositive, cui l’artista ci aveva abituati. Nasce così “Il Pavone e il Gatto sul piedistallo” (Giambra Editori), favola classica con l’immancabile morale, legata al diradarsi contemporaneo dei sentimenti e delle emozioni, al prevalere dell’egoismo e all’autoemarginazione cui talvolta si scivola, quando non ci si sente più adatti a confrontarsi con una nuova società, frettolosa e legata agli interessi personali.
Certo, niente di nuovo sotto il sole, ma la storia del pavone Aurelio, anziano e un po’ spennato, ormai non più in grado di fare una ruota come si deve, è efficacemente esplicativa di quello che può succedere oggi a chi è in età a rischio Rsa. Aurelio, invece, si salva grazie all’incontro con un gatto, e soprattutto grazie a un vecchio orologiaio (padrone-amico del micio), che ha deciso di passare il resto della sua vita seduto su una seggiola all’aperto a vedere passare il tempo, quello che aveva trascurato, così impegnato com’era a riparare quello degli altri.
Come in ogni favola che si rispetti, il finale è lieto e pedagogico, anche perché Aurelio dimostra di avere qualità nascoste, che lo riportano a essere protagonista. Ma, dato che l’autrice è un’artista, è evidente che sono le tavole illustrate a destare maggiore curiosità e ammirazione. Vediamo l’uso di colori intensi, così diversi da quelli sfumati con cui finora ci aveva ammaliato, e di figurazioni nette, che a prima vista possono apparire realistiche, e che invece sono in grado di farci andare oltre. Un surplus, la capacità di illustrare quella che dovrebbe essere la vera vita, davanti alla quale conservare accuratamente il nostro sguardo bambino, aperto agli altri nei gesti e nelle azioni. Ecco, è proprio questo il tocco in più che Emanuela Ravidà riesce a dare alle sue tavole: un’immersione nel colore che può diventare un’immersione nel senso della vita.
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