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"L'eterno" della messinese Moraci: un noir, anzi... un gotico che diventa inno all’amore eterno

Nella luce buia della Parigi post Bataclan una vicenda antica ma universale

«Ho sempre avuto una passione per il gotico letterario e per le storie dal fascino nero. La lettura di “Il vampiro” di Polidori e di “Dracula” di Bram Stoker ha accompagnato la mia gioventù, anzi del romanzo decadente di Stoker mi ha sempre attratto la condizione malinconica del vampiro. E poi ho amato “Cime tempestose”, e tutte le suggestioni letterarie del genere, come il “Demonialitas” di Ludovico Maria Sinistrari, frate francescano vissuto tra ‘600 e ‘700 che ha studiato gli Ìrin, i “vigilanti” in ebraico, angeli decaduti dalla Grazia, per amore, come si racconta in testi apocrifi». Così parla Simona Moraci, scrittrice, giornalista e docente messinese a proposito del suo ultimo avvincente romanzo, “L’eterno” (Marlin), che sarà presentato a Messina, per iniziativa della libreria Bonanzinga, domani (ore 18) al Circolo del Tennis e della Vela. Sarà lo scrittore messinese Luigi La Rosa a conversare con Moraci su questa storia affascinante di angeli decaduti e vampiri che è soprattutto – dice l’autrice – «un grande messaggio d’amore, giacché contiene una speranza: che la forza dell’amore possa vincere il male».
Le vicende di Ethan («l’eterno» in ebraico), di Irene, Sandro, Laurent, che prendono avvio nella luce antica del Quartiere Latino di Parigi, dove Ethan, condannato a sopravvivere al tempo, si aggira come sperduto, consapevole di non poter amare, benché desideroso di amare. Nei suoi occhi, nel suo bel volto sempre giovane, c’è la notte obliqua, la stessa che incombe su Parigi dai fatti del Bataclan in poi, anche se è un azzurro che toglie il respiro ad accogliere l’arrivo a Parigi di Irene, giornalista italiana che deve seguire una mostra sul Romanticismo nero, e che lì sta per incontrare Sandro, suo antico amore, anche lui giornalista, ma di cronaca nera. Ad Irene la scrittrice – il cui precedente romanzo, “Duecento giorni di tempesta” (Marlin), sull’esperienza profondamente umana e formativa da lei vissuta nelle scuole a rischio, è stato candidato allo Strega 2022 – ad Irene ha donato «il suo desiderio di camminare la città, di perdersi tra le strade del Marais», luogo amato con cui la giovane «sente un legame ancestrale, un senso di familiarità smarrito nella memoria». Così si abbandona alla città, proprio come fa la Moraci nei suoi frequenti viaggi a Parigi, «una città che sorprende sempre per la capacità di rialzarsi pure dopo le ferite ricevute, soprattutto dopo i fatti del Bataclan».
Ad Ethan Simona Moraci ha donato «i suoi studi antropologici che l’hanno spinta ad approfondire attraverso i vangeli apocrifi la storia degli angeli decaduti e degli Irin». Il lutto e la luce dunque, anche in questa storia dove la bellezza della Ville Lumière, dal Marais al Museo d’Orsay a Place des Vosges dove si affacciano le finestre del palazzo di Ethan (che è un ricchissimo mecenate), viene adombrata dalle ombre del male. Che non risiede solo nella condizione di Ethan, ma «anche nel male ordinario del sottobosco della città – aggiunge la Moraci – nella stratificata realtà della Banlieue», con il mondo del vizio e la serialità di efferati omicidi di giovani ragazze uccise… a morsi. Delitti di cui si occupa Sandro. Ma tutto è da ricondurre a Ethan, alla sua sete perenne di sangue? E cosa c’entra l’antica maledizione di una strega? O c’è altro male che si annida tra le tenebre della città? Forse bisogna scavare tra le ombre del passato...
«Ma poi – ricorda la Moraci – c’è sempre l’azzurro e la dinamicità di un presente proprio dei nostri giorni, c’è Sandro, cioè Alessandro, che è etimologicamente “colui che protegge” e la solarità di Irene che, come indica il suo nome, pare destinata a riportare “la pace” in quelle anime inquiete, assetate d’eternità. Perché la vita vinca la morte».

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