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Messina e il "Mare di città": un rapporto specialissimo nel saggio di Aricò

Nella ricostruzione dialettica del rapporto mare-città che Nicola Aricò rivela la sua vocazione di studioso, ma anche il suo sentimento per Messina

Il “Mare di città” di Nicola Aricò non è solo un saggio che ricostruisce i processi di trasformazione urbana di Messina verificatisi sulla terraferma ma che dal mare traggono origine, ma è anche un racconto ricco di fascinazioni che, muovendo dalla storia dell’architettura, trasporta il lettore nel contesto sociale del XVI secolo.

Nicola Aricò, professore ordinario di storia dell’architettura e storia della città all’Università di Messina, autore di numerose pubblicazioni, con “Mare di città” approfondisce e amplia la ricerca già avviata nel 1999 con «IllimitePeloro - interpretazioni del confine terracqueo», aggiungendo agli studi storici su Messina una notazione identitaria della città, scoperta attraverso l’evoluzione dei suoi elementi essenziali.

Il mare e l’ampliamento urbanistico della città nel XVI secolo, quindi, dialogano incessantemente in un rapporto di continuo scambio sinergico. Da una parte la Falce naturale del porto, ricovero e nutrimento, dall’altro le opportunità dettate proprio dall’incremento dei commerci portuali e che spingono gli amministratori dell’epoca per un verso a dare giusto risalto ad un ampliamento urbano che tenga conto di tali esigenze commerciali e sociali, per un altro a non trascurare le necessità difensive della città.

La trasformazione identitaria dei luoghi che ne consegue si snoda per tutto il secolo e culminerà con la celeberrima Palazzata. Ma la costruzione di una seconda cortina di mura che ampliano il perimetro urbano è un’avventura storica e architettonica che tiene conto di molteplici fattori.

Il lavoro di Aricò oltre a essere concentrato sullo studio e la valorizzazione concettuale delle stratificazioni architettoniche, muove da un attento esame del tessuto sociale del tempo e, attraverso lo studio delle mutate esigenze, rivela la sinergia fra ciò che occorre agli abitanti e ciò che accade nel tessuto urbano cittadino, sul rapporto fra le leggi (che al tempo si chiamavano bandi) e le costruzioni, sulle iniziative pubbliche e private, sulla certezza che alla fine del ‘500 non solo per la particolare conformazione dello spazio marino Messina era un esempio per gli architetti che progettavano porti .

La completezza dell’opera, quindi, non si basa solo sulla meticolosa bibliografia, sulle tavole che fanno da corredo al volume o dalle immagini di stampe che interrompono le pagine per dare al lettore contezza e visiva documentazione della ricerca dell’autore.
In realtà «Mare di Città» diventa trama di memoria e racconto storico laddove l’esame dei documenti notarili si intreccia con i luoghi e i suoi abitanti per dare continuità alla narrazione architettonica, nell’approfondimento di una identità imprenditoriale che porta al riuso di quei vani ricavati nelle mura fino a diversificarne la funzione, nella toponomastica che diventa essa stessa indicazione precisa del tessuto sociale e commerciale.

Ed è proprio in questa attenzione filologica nella ricostruzione dialettica del rapporto mare-città che Nicola Aricò rivela la sua vocazione di studioso, ma anche il suo sentimento per Messina.

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