“L’eutanasia della democrazia. Il colpo di mani pulite” non è solo un libro ma un’occasione per riflettere e rileggere quella stagione politica che ha profondamente mutato la storia della nostra democrazia, incidendo nei rapporti tra poteri dello Stato. Il volume di Giuseppe Benedetto, presidente della Fondazione Einaudi, è stato presentato ieri al Circolo di via Garibaldi. Ne hanno parlato con l’autore, il sen. Enzo Palumbo e il prof. Antonio Saitta, mentre l’incontro è stato moderato dal giornalista Francesco Celi.
Avvocato penalista, con importanti funzioni pubbliche, esponente nazionale del Partito Liberale Italiano, Benedetto nel libro ripercorre il dibattito del 1992-93 e quei passaggi fondamentali che hanno portato anche all’abolizione dell’autorizzazione a procedere per i membri del Parlamento. Una riforma costituzionale sotto la spinta della piazza forcaiola, manifestatasi già con il lancio delle monetine a Bettino Craxi la sera del 30 aprile del 1993, davanti all’Hotel Raphael di Roma. Un tema sempre di straordinaria attualità.
La stagione politica che impropriamente è andata sotto il nome di “Mani pulite” ha profondamente mutato la storia della nostra democrazia, incidendo in modo irreversibile sul rapporto tra poteri dello Stato. Uno dei passaggi cruciali, come detto, è stata l’abolizione dell’autorizzazione a procedere per i membri del Parlamento. La riforma costituzionale dell’articolo 68 della Costituzione, avvenuta sotto l’incessante spinta delle piazze forcaiole, ha alterato la relazione tra poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, arrecando gravi fratture all’ordine democratico. In quest’opera, oltre alla fedele esposizione del dibattito parlamentare antecedente alla riforma, vi è anche uno scrupoloso lavoro di ricerca sulle guarentigie parlamentari. Quando nacquero? Perché? Cosa prevedono le Costituzioni degli altri Paesi occidentali? Domande essenziali per comprendere l’evoluzione della nostra democrazia. La risposta del libro è che siamo un unicum nel panorama mondiale.
La prefazione del giudice costituzionale Sabino Cassese
"Gli ordinamenti moderni, quelli che chiamiamo democratici, sono composti di più elementi di origine diversa. Sono ordinamenti misti, che abbracciano molteplici componenti. La prima è quella liberale, che comprende il riconoscimento dei diritti di libertà e la separazione dei poteri, per assicurare il mercato delle idee e il controllo reciproco. La seconda componente è quella democratica in senso stretto, che comprende elezioni ripetute e suffragio universale, per assicurare il controllo popolare sull’esercizio del potere pubblico. La terza componente è quella della temporaneità e diversità nella durata delle cariche, per evitare che la maggioranza di un momento prenda tutto. La quarta componente è quella pluralistica, per assicurare la molteplicità dei centri di potere e quindi delle democrazie (locale, regionale, nazionale, sovranazionale). La quinta componente è quella del controllo di ragionevolezza, affidato alla giurisdizione che chiamiamo costituzionale, perché anche il sovrano non sia immune da controllo. La sesta componente è quella dell’equilibrio e del contrasto tra i poteri, come nel caso dei giudici amministrativi che controllano l’esercizio del potere esecutivo. L’ultima componente è quella dell’apertura verso altri ordinamenti, per assicurare una pacifica convivenza tra le Nazioni. All’interno degli ordinamenti, poi, vengono costituite zone di rispetto. L’indipendenza della magistratura è assicurata per evitare che il potere esecutivo interferisca nell’esercizio della funzione giurisdizionale. L’imparzialità della pubblica amministrazione è garantita perché il governo non si intrometta nelle procedure amministrative, portandovi la propria parzialità. L’immunità dei parlamentari è assicurata perché i giudici non condizionino l’esercizio della funzione normativa. Una volta, vi erano anche altre garanzie, come la garanzia dei funzionari, ora nuovamente richiesta a gran voce dagli amministratori locali".
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