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Messina: la storia della “Città del Ragazzo”, grande opera di padre Nino Trovato

Dopo il recente acquisto della struttura da parte della Città Metropolitana

Padre Nino Trovato con papa Paolo VI

La notizia dell’acquisto da parte della Città Metropolitana della “Città del Ragazzo” ci permette di rievocare la storia della storica struttura assistenziale di Gavitelli e del suo fondatore padre Nino Trovato, l’illuminato prete benefattore scomparso nel 2002 (a cui è stata intitolata la strada che da Gravitelli porta verso i Colli).
Per il cinquantenario della fondazione, sulla “Gazzetta” del 13 marzo 1999 padre Nino volle ringraziare coloro che permisero la realizzazione della “Città”, fondata il 14 marzo 1949. In primis, i genitori e la nonna materna, che sostennero la sua missione sacerdotale, l’arcivescovo mons. Angelo Paino che gli permise di “divenire strumento concreto della volontà divina”, così come i primi ragazzi “che hanno determinato la scelta della mia missione, condizionando il resto della mia vita”.
La cosiddetta “Opera ragazzi di strada” nasce nell’immediato dopoguerra come comunità di accoglienza, educazione, istruzione per i fanciulli allo sbando nella Messina ferita gravemente dalla guerra. Inizialmente era un centro parrocchiale di Gravitelli per ragazzi orfani e indigenti, formata da baraccamenti (alcuni doni furono offerti da equipaggi delle navi americane approdate in città).
Diventerà “una creatura d’amore”, come la definì il condirettore padre Giacomo Mondello (fedele collaboratore di padre Nino, noto in città come rettore della chiesa delle Varette).
Una “creatura” sorta sotto la protezione del Bambinello di Praga e della Madonna dei poveri. Un “monumento di solidarietà nel cuore di Messina” (C. Garofalo).
In seguito, a Villa Pia, vennero realizzate diverse strutture, che ne fecero una vera e propria cittadella autosufficiente: refettorio, laboratori, dormitori, campi sportivi, infermeria, scuola, spaccio, cappella, magazzini, il centro di addestramento professionale “L. Sturzo” attrezzato con la tipografia, il cinema-teatro (che negli anni Novanta fu sede del teatro “Pirandello” guidato da Massimo Mollica).
Fu stampato anche un giornale, “Villa Pia”, prezioso organo divulgativo e di approfondimento. Vennero create numerose colonie marine estive (tra cui quella di Contesse), l’istituto femminile “Villa Eustochia” di Alì (per ragazze abbandonate), la banda musicale, un’orchestrina jazz, un padiglione in Fiera.
La “Tribuna” del 6 aprile 1957 esaltava il “modello di organizzazione”, le scuole e i stabilimenti artigiani a disposizione dei ragazzi, “avviati ormai sulla via del lavoro”.
Non a caso, il suo modello pedagogico ebbe rilievo anche internazionale (la “Città” fu visitata anche da una delegazione indiana).
Quel che rimaneva del Castellaccio (che fu la prima, mitica fortificazione cittadina) venne destinato - con alcuni riadattamenti architettonici - alla “Casa del fanciullo”.
Per questa sua opera padre Nino - ricordava Sergio Palumbo - ricevette la simpatica onorificenza di “Signore di Castiddazzu” promossa dalla gloriosa “Accademia della Scocca” guidata da Pugliatti. Negli anni Novanta venne realizzata anche la “Pro Senectute” per ospitare gli anziani indigenti. Frutti dell’opera instancabile di padre Nino, il “primo prete operaio della Sicilia post-bellica”, come lo definì l’amico medico Franco Toldonato.
Un cristiano “semplice ma coraggioso”, secondo il biografo Don Antonino Nuzzo. Una personalità che, va ricordato, ha onorato la nostra città anche con altri ruoli (presidente del Patronato scolastico, della Croce Rossa Giovanile, dell’Ente Nazionale protezione del Fanciullo; premio Artefici del lavoro Italiano nel mondo-1979).

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