Messina

Giovedì 21 Novembre 2024

Tiezzi al teatro di Messina: "Il mio Barbiere di Siviglia parla al cuore e all'anima degli spettatori" LE PROVE

Sotto la direzione artistica della sezione Musica al Teatro Vittorio Emanuele del musicologo Giuseppe Lanza Tomasi venne realizzata nel 1994 la produzione de “Il Barbiere di Siviglia”, l'opera di Gioachino Rossini in due atti su libretto di Cesare Sterbini tratto dalla commedia di Pierre Beaumarchais. Ebbe un grande successo, tanto che fu portata in tournèe in altri teatri, a Treviso e alla Fenice di Venezia. E ritorna “Il Barbiere” a Messina debuttando stasera ( repliche il 28 e il 30 novembre), nello stesso Teatro sempre con propria produzione, con lo stesso regista Federico Tiezzi, regista collaboratore Francesco Torrigiani e, il grande, scenografo Pierpaolo Bisleri, ma con l'Orchestra sinfonica del Teatro Vittorio Emanuele che sarà diretta da maestro Giuseppe Ratti e con il coro lirico Cilea di Reggio Calabria, diretto dal maestro Bruno Tirotta. Torrigiani da allora ha fatto un percorso personale importate lavorando in prestigiosi palcoscenici come il San Carlo di Napoli, la Biennale di Venezia, il Maggio musicale fiorentino, l'Israeli Opera. E interviene ora a Messina nel ricordo di quella straordinaria produzione e grazie al sodalizio con Tiezzi, regista che abbiamo intervistato in attesa della prima di oggi.

Parla ancora quest'opera… cosa si aspetta stasera?

«Di provare le stesse emozioni che coinvolsero noi tutti trent'anni fa; è questo uno spettacolo comico, popolare ma che parla ancora, sì e in profondità, oltre che al cuore, all'anima degli spettatori. C'è tanto divertimento ma anche un forte senso riflessivo».

Quali sono gli elementi di novità rispetto all'allestimento del '94?

«Le novità sono soprattutto tecnologiche con inserimenti video molto efficaci; quando Gioacchino Lanza Tomasi, a cui io devo l'introduzione definitiva nel mondo dell'opera e della musica, mi coinvolse in questo Barbiere con un cast imponente che adesso non è più pensabile, volli sviluppare questo concetto che rimane valido ancora oggi: questa è un'opera di teatro oltre che di musica. Quello che ho chiesto e chiedo ai cantanti è di recitare, di essere attori, di farsi attori. In Verdi questo aspetto è meno importante, mentre in Rossini il meccanismo farsesco ha bisogno di attori che si muovono e pensino a quello che dicono. Alla fine i personaggi sono quello che dicono, le cose che riescono loro di bocca, con le quali comunicano le loro varie dimensioni, umana, spirituale o emotiva. Stavolta dunque ci sono dei cantanti che recitano, dei danzatori, i giovani allievi della scuola di musical di Piparo e anche un attore, Antonio Lo Presti che è bravissimo e mi ha dato un aiuto con la sua presenza, l'ho pure incontrato per le vie di Messina con un cane e gli ho chiesto di portarlo in scena, vedrete! Il senso è quello di far capire che il mondo di Rossini, un mondo immaginario, per cui sul palcoscenico ci saranno elementi fantastici alla David Lynch con personaggi con le maschere anche di coniglio, che caratterizzano il personaggio che intrepretano; l'unico a non avere la maschera è Figaro, che ho pensato come regista, per un Teatro nel teatro, non dico Pirandello sarebbe troppo, io sono “fissato” con Pirandello ho fatto tre spettacoli da testo suoi. Figaro è il regista della farsa che viene messa in scena, una specie di Rossini che rappresenta tutto questo mondo di immaginazione». Lei ha esordito nella regia lirica con Norma di Bellini, che cosa l'attira verso il melodramma? «Ho studiato per un periodo pianoforte, conosco la musica e la leggo per quello che mi interessa, ma ritengo la musica uno strumento potente attraverso cui passano più segni, ulteriori significati rispetto alla parola, è come se la musica attingesse direttamente all'anima dello spettatore e permettesse di arrivare e comunicare con lui direttamente. L'opera così mi fa andare oltre il teatro». Lei è uno storico dell'arte, specialista di tardogotico europeo, ha studiato con Salvini e Gregori, come è avvenuto il suo passaggio al teatro? «Si, mi sono laureato in Lettere, specializzato in Architettura a Firenze con la prospettiva di rimanere in Università, sono specialista di arte antica del ‘500 e del ‘600, ma, in momento preciso, ho capito che il teatro mi dava più libertà, la possibilità di esprimere totalmente quello che pensavo... ed è stato così!».

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