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A Taobuk 2021, il cambiamento nel segno dell'Europa. "Quale futuro"?

La prima domanda che il moderatore Nicola Saldutti, del Corriere della Sera, ha rivolto al Commissario Europeo all’Economia Paolo Gentiloni, in collegamento da Bruxelles, è stata se il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, più che un punto d’arrivo, sia piuttosto una tappa di un percorso cruciale per il nostro Paese

In collegamento, il commissario Ue per l’Economia, Paolo Gentiloni

L’Europa e la sua metamorfosi, la sua capacità di adattarsi, di riuscire a rispondere alle esigenze dei cittadini e a quelle degli Stati per il suo futuro, è stato il tema di una serie di incontri paralleli a quelli di carattere letterario di Taobuk 2021. Svoltisi tra Messina e Taormina, hanno prodotto un manifesto firmato dai partecipanti, il cui messaggio più importante, dopo un anno di pandemia, lancia la necessità di nuovi piani strategici per contesti nuovi per i quali bisogna pensare a misure permanenti.

Certamente questa Europa ha vissuto continue situazioni di fiducia, di sfiducia, di distanza, e nell’incontro di ieri su “Quale futuro”, presenti Francesco Grillo, direttore Vision, John Hooper, corrispondente di Italia e Vaticano per The Economist, e da remoto Bill Emmott, giornalista e saggista di The Economist, e Stefania Giannini, vicedirettrice Unesco con delega all’Educazione, la prima domanda che il moderatore Nicola Saldutti, del Corriere della Sera, ha rivolto al Commissario Europeo all’Economia Paolo Gentiloni, in collegamento da Bruxelles, è stata se il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, più che un punto d’arrivo, sia piuttosto una tappa di un percorso cruciale per il nostro Paese.
«Credo che i 750 miliardi di euro, la Next Generation Eu, sia da considerarsi come una tappa di un percorso – ha detto Gentiloni – , perché la risposta europea alla pandemia, le prime decisioni fondamentali, erano già cominciate nel 2020, cosa che ha permesso agli stati di reagire immediatamente.

È un piano impegnativo particolarmente per i paesi che ricevono in rapporto al Pil le risorse maggiori e hanno più difficoltà nell’assorbimento dei fondi europei. Una decisione storica, questa dell’emissione del debito comune per un obiettivo comune, accolta favorevolmente dai mercati, per la quale si attendono risultati storici e un impegno notevole, per cui molto si gioca sulla capacità di spesa dei paesi e cioè sulla capacità di realizzare progetti e riforme. Una scommessa e vedremo, tra 4 o 5 anni, se sarà stata vinta».
Ma perché sia un successo, bisogna farne un successo, ha aggiunto il Commissario. Le priorità sono competitività digitale, resilienza e contemporaneamente poter realizzare riforme da tempo attese, cose che devono tradursi in decisioni (e sicuramente il governo Draghi ha avviato cambiamenti significativi) parlamentari quando è necessario, capacità di spesa, rispetto dei tempi e degli obiettivi.

Ma nell’affrontare le riforme, tra semplificazione dell’amministrazione, giustizia, fisco, sanità e digitale, ce la faremo?
Sicuramente, nel decennio scorso l’Europa ha vissuto vari momenti di crisi, ma l’obiettivo – ha affermato Gentiloni – «non dovrebbe essere solo tornare ai livelli del Pil del 2019, cioè a una bassa crescita per lungo tempo (qualcuno ha parlato di giapponesizzazione). La misura del successo è invece una crescita qualitativamente più sostenibile, più competitiva e duratura nel tempo». Quanto poi ai timori espressi su interessi della criminalità organizzata o comportamenti fraudolenti nei riguardi del Piano, una cosa è certa: quanto più lo Stato sarà capace di spendere, tanto meglio sarà capace di affrontare il rischio di infiltrazioni, e garanzia ne è l’ampia maggioranza parlamentare e il governo di Draghi.

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