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Taobuk 2021, parole alla ribalta: Moni Ovadia conversa con Ezio Donato su l' "altra" metamorfosi

Franz Kafka è stato il primo autore a raccontare la metamorfosi come alienazione, fondando letterariamente quasi un ulteriore mitologema, metamorfosi nella metamorfosi, per rappresentare il dramma della condizione umana e l’orrore che si nasconde nel quotidiano. E a Kafka ha guardato Moni Ovadia nella conversazione sulla “Metamorfosi” kafkiana con il regista e docente Ezio Donato nella sezione dedicata al teatro nell’ambito di Taobuk 2021.

E infatti “Parole alla ribalta”, a cura di Caterina Andò, in collaborazione con Fondazione Taormina Arte Sicilia, declina il tema della metamorfosi con vari appuntamenti, da Pamela Villoresi a Edoardo Siravo (oggi, 11,30) con le trasposizioni teatrali delle “Metamorfosi” di Ovidio, da Fabrizio Catalano e Matteo Collura, in una conversazione immaginaria l’uno al posto del nonno Leonardo Sciascia, l’altro al posto di Pirandello (domani 21,30), da Daniela Poggi con “ Cuore di cane” (domani, ore 19,30) a Donatella Finocchiaro (lunedì alle 18), interprete di “Spera di sole” di Capuana, ispirata alla fiaba di Cenerentola.

«Franz Kafka – ha esordito Ovadia – è il risultato di una congiunzione astrale in cui sono precipitate cose uniche. Per me ogni volta che mi avvicino a Kafka è un’emozione e una commozione per quello che è stato, che ha vissuto, che ha raccontato». Un uomo dalla «intelligenza luciferina e dalla eccezionale percezione dell’umano». Nelle riflessione comune di Ovadia e Donato, iniziata con l’analisi testuale dell’incipit del romanzo kafkiano e proseguita sino alla sua enigmatica conclusione, Kafka ha avuto la capacità di entrare nel sottobosco della coscienza umana per raccontare l’indicibile.

Gregor Samsa un giorno qualsiasi si sveglia ridotto a bestia, a insetto, a parassita, e non se ne accorge subito, così pure i suoi familiari finiranno per non “vederlo” più, fino a quando la sua morte farà spazio, pulizia, sollevandoli da quell’ingombro. Con la capacità profetica della letteratura, con la doppia visione del genio, Kafka non ha raccontato solo l’alienazione e la solitudine, ma ha anticipato la tragedia della persecuzione degli ebrei – ha ricordato Ovadia – da lui non vissuta, dato che morì nel 1924. Quegli ebrei tedeschi, tra i quali le migliori intelligenze, che da un giorno all’altro si trovarono a essere ridotti a parassiti infestanti da eliminare. Una metamorfosi ben diversa da quella del mito, una riduzione al niente, condizione in cui l’umanità sarebbe entrata di lì a pochi anni dopo.

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