“Si certifica che il Sig. barone di Salicà Di Giuseppe Stefano Perelli, che parte da questa città per Genova, è affatto scevro da qualunque sospetto di malattia attaccaticcia. – Milano dall’Ufficio della Congregazione Municipale, lì 19 aprile 1818”. È quanto riportato in un prezioso, quanto raro documento d’epoca, custodito all’interno del Museo Etnostorico “Cassata”, che andava allegato al passaporto dal viaggiatore, per poter transitare in quell’Italia preunitaria, allora ancora divisa negli otto regni come stabilito dall’appena concluso Congresso di Vienna. Si tratta, dunque, di una sorta di antenato dell’odierna “certificazione verde” o “carta verde vaccinale”, che sarà il lasciapassare tra le regioni, o stati esteri, per i soggetti vaccinati, guariti da covid e quanti si sottoporranno a test antigenico o molecolare, con esito di negativo. Il documento storico, inoltre, è uno scrigno di notevole importanza per le informazioni che ci racconta. Ad esempio, sul fronte del passaporto, oltre alle generalità annotate dal prefetto di polizia, che ci dicono che il barone di Salicà, “dimorato” in Napoli era “nativo” di Milazzo, sono riportati anche i “connotati fisici”, come la statura, il colore dei capelli e degli occhi, le proporzioni del viso con dettagli su fronte-naso-mento-bocca, indicazioni sulla barba e la carnagione, che permettevano l’identificazione del viaggiatore. Sul retro, invece, sono riportati i vari visti di transito e le proroghe di soggiorno all’interno di una città. Ancora una volta il Museo Etnostorico “Nello Cassata” offre reperti di notevole spessore per comprendere il presente attraverso il lascito del passato. Dal caso specifico si fa luce anche come nell’Italia preunitaria, tali documenti, detti genericamente “passaporti” fossero necessari sia per viaggiare fuori dal regno, quanto per muoversi all’interno dei confini. In particolare, nel Regno di Napoli, prescriveva ad ogni maschio di età superiore ai 15 anni, l’obbligo di una “carta di sicurezza” da portare con sé, soprattutto in caso di spostamenti fuori la propria provincia. Tuttavia, tali documenti, rimasero una prerogativa maschile sino al 1845, quando l'obbligo fu esteso anche alle donne. Inoltre, ai viaggiatori fermati dalle autorità e trovati sprovvisti di tali documenti, era inflitta una pena pecuniaria o detentiva. Infine ricordiamo altri interessanti precursori storici di alcuni provvedimenti adottati per l’odierna pandemia: durante la peste di Atene del 430 a.C. vennero stravolti i rituali funebri; la “quarantena” fu stabilita dal Senato veneziano nel 1448, sebbene già nell’antica Mesopotamia siano state rinvenute tracce di messa in isolamento di malati contagiosi; un prototipo di “mascherina”, composta da uno strato di garza, è stato descritto nel 1897, mentre una versione moderna, con uno strato di garza e uno di cotone, fu inventata in Manciuria nel 1910 a seguito di una epidemia di peste da un medico di Penang.