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Intervista allo scrittore e giornalista messinese Marchetti Tricamo: "Lo Stretto è il libro più bello"

L'ex dirigente Rai racconta la sua vita e la passione per la letteratura. Vive a Roma, ma ha sempre mantenuto un rapporto esaltante con la propria città, ha anche scritto per Gazzetta del Sud

Le radici mai dimenticate di Giuseppe Marchetti Tricamo

Fra pochi giorni si apre “Il Maggio dei Libri” e tra le storie di uomini immersi nel mondo della carta, c’è quella di un messinese speciale, che sul rapporto con la scrittura e la lettura ha costruito tutta la sua vita, come giornalista, scrittore, editore. Un amore antico il suo, con una traiettoria che parte dalle pagine de “Il Corsaro nero” divorato da ragazzino di fronte allo Stretto immaginando avventure e mari esotici, fino ai volumi da lui selezionati per Rai-Eri, di Piero Angela, Enzo Biagi, Sergio Zavoli, Niccolò Ammaniti, Fernanda Pivano, Antonio Tabucchi. Giuseppe Marchetti Tricamo, vive a Roma, ma ha sempre mantenuto un rapporto esaltante con la propria città e ne è stato ricambiato con i premi Colapesce e Antonello da Messina.

È stato dirigente Rai, direttore di Rai Eri, responsabile del palinsesto di Rai Notte; docente all’Università “Sapienza” di Roma. Ha pubblicato saggi sull’identità nazionale e sull’editoria (Mondadori, Cairo, Franco Angeli e Ibiskos-Ulivieri). Gli ultimi suoi libri sono stati “Il tempo dilatato. Riflessioni sul senso della lettura” e il testo della pièce teatrale “Succedeva a Chicago in una fredda sera d’inverno” (andata in scena al Teatro Manzoni di Roma). Ha fondato e diretto la rivista “Leggere: tutti” e “La Nave di libri per Barcellona”. Abbiamo chiesto a lui di raccontarci le radici di questa passione.

Quali sono i suoi primi ricordi di Messina?
«Ero un bambino della generazione del dopoguerra. La sorte, essendo nato dopo mesi dall’ingresso a Messina delle truppe dei generali Patton e Montgomery, mi aveva risparmiato il conflitto. Ne avevo fatto una timida conoscenza seguendo dalla costa le operazioni di recupero del traghetto Cariddi e da qualche ricordo strappato a mio padre, reticente a raccontare quel ritorno dalla guerra tanto simile a quello di ‘Ndria Cambria, il nocchiero dell’Horcynus Orca».

La casa è il primo fortino dei nostri tesori, dov’era la sua e che libri ci portava dentro?
«Vivevo in riva allo Stretto, in una casa che nei giorni di Fata Morgana si rifletteva con il color miele della sua pietra, il vermiglio delle buganvillee e l’oro degli agrumi nel cielo limpido. Mio nonno era tornato a quella vecchia residenza dopo il terremoto del 1908 che aveva distrutto anche la sua casa di centro-città, un piccolo spicchio della Palazzata. In quella casa di riviera, imparai ad amare la lettura. Capitava al calar del sole, quando i luntri della pesca del pescespada rientravano nei piccoli porticcioli tra Ganzirri e Faro, che mio nonno, mi raccontasse, tra una tirata e l’altra al suo mezzo sigaro toscano, una bella storia. “Come fai a sapere tutto questo?”, gli chiedevo. “I libri, nei libri trovi tutto”, mi rispondeva. La scintilla della mia passione per la lettura scoppiò il giorno che trovai nella sua biblioteca, il Corsaro nero di Salgari, un’edizione pubblicata da Vallardi nel’42. Purtroppo, nel mio spicchio di riviera, non c’erano librerie ed edicole, ma ogni giorno arrivava dal centro-città il giornalaio in bicicletta che a noi portava: il quotidiano e un rotocalco e qualche fumetto per me (Capitan Miki e Il grande Blek). Fu lui a portarmi “Addio alle armi” di Hemingway, che conservo ancora. Quella passione nel tempo è diventata sempre più grande e inesorabile…Nel tempo non mutò mai la passione per i libri e per i giornali, per quella loro forza sensuale fatta di un insieme di suggestioni anche materiche, tattili. Leggendo può capitare che venga il desiderio di scrivere. A me è successo. Ricordo di aver perseguitato il caro Mimì Ardizzone, al quale offrivo articoli per la Gazzetta del Sud, per la pagina che il quotidiano dedicava ai giovani. Intanto, era nato, per mia iniziativa, il “Club Mezzogiorno giovani”, i “Centri universitari d’iniziativa europea”. A Messina, alla mia generazione mancavano gli spazi e le riviste per dibattere , allora sono nati il “Circolo culturale Paradiso” e la gara-mostra di pittura presieduta dal Rettore Salvatore Pugliatti, il periodico Enosigeo di Zancle, la nostra fucina. Tra i collaboratori la poetessa Maria Costa. Naturalmente anche l’università, le zingarate in Vespa, le uscite a vela con il beccaccino del Club Nautico. Intanto, l’Italia cambiava. La mia generazione voleva essere protagonista. Forse era necessario andare altrove. A malincuore».

E così comincia a Roma il suo lavoro di giornalista…
«A me l’esperienza del periodico locale mi tornò utile quando riuscii a trasformare la mia passione in mestiere a “La voce repubblicana” (debuttai con un articolo sul Ponte sullo Stretto); c’era ancora la composizione con le linotype, l’impaginazione del piombo sui telai, i flani, i cilindri, le rumorose rotative e il forte profumo d’inchiostro delle prime copie stampate. Poi a TV junior, al TV Radiocorriere, a Moda e King. Il rapporto con i libri si potenzia alla Rai… La Rai, che era il mio sogno di bambino, entrò decisamente nella mia vita e per lunghi anni il Cavallo di viale Mazzini non mi ha mai perso di vista. Mi feci coinvolgere sempre più dagli aspetti editoriali, gestionali, promozionali anziché redazionali. Il mio salto di qualità l’ho fatto dirigendo e “rifondando” Rai Eri, la casa editrice dell’azienda televisiva. Questo nuovo impegno mi procurava grande emozioni: quando partecipavo alla nascita di un libro, progettavo una collana, individuavo e incontravo gli autori e poi quando andavo in libreria e vedevo lì sul banco “la mia creatura”».

Ci parli della sua esperienza di editore
«Il voler lavorare con i libri mi portò in una piccola casa editrice, con un ufficio di due stanze disadorne e un tavolo ingombro di manoscritti, dischetti, bozze, segnature. In quello spazio, si leggeva, si modificava e correggeva, impaginava, editava, inscatolava, spediva e lo si amava più di quanto lo amasse l’autore. Quell editrice è stata per me una grande scuola. Potevo finalmente dire di “lavorare con i libri”».

Ha nostalgia per la città che ha dato la prima forma ai suoi sogni e alle sue passioni?
«La nostalgia per la mia terra è sempre forte. L’isola, la mia città, la mia riviera con lo Stretto di mare color zaffiro. Immaginare è rivedere. Succede. Ma presto succederà realmente. Sul traghetto, come il Silvestro Ferrauto (intellettuale e tipografo) di Elio Vittorini (Conversazione in Sicilia), respirerò a pieni polmoni il vento, divorerò il mare, mentre Messina si avvicina. Cupole, palazzi, piazze, monumenti, la Cortina del porto, i giardini con le palme. Tutto incorniciato dai colli con gli antichi forti, sotto un cielo azzurro senza uguali. Una visione di sogno. Non soltanto per me».

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