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Prima pagina del Washington Post: c'è la foto scattata dal messinese Davide Bertuccio

Una carriera tra Milano e l'estero, le sue immagini sono state premiate e oggetto di mostre in tutto il mondo

Davide Bertuccio. Nel 2019 ha fatto un importante lavoro nell'area dello Stretto

Il giorno di Pasqua gli americani che hanno acquistato il Washington Post hanno trovato in copertina uno scatto del fotogiornalista messinese Davide Bertuccio. L’articolo della prima pagina dal titolo “San Marino stokes vaccine envy” è arricchito da uno scatto del fotografo messinese in un report svolto con Chico Harlan e Stefano Pitrelli. Bertuccio, classe 1991, è un fotografo professionista, vive e opera a Milano, dove si è laureato con lode presso lo Ied (European Istitute of Design) nella scuola di arti visive in fotografia. È un freelance e dal 2018 collabora con il prestigioso National Geographic e da poco con il Washington Post, in forza solo della qualità del suo lavoro.

Tanti i traguardi significativi del suo percorso che da soli possono stigmatizzarne la caratura internazionale: nel 2014 è stato incluso tra 10 migliori Talenti italiani under 25; è stato vincitore del “Premio Canon Giovani Fotografi”; ha avuto una nomination nel 2019 dal “6×6 World Press Photo Global Talent Program”; è sua una delle 10 foto iconiche del 2020 per il National Geographic e tre mesi fa nel a gennaio un suo scatto è stato scelto per la copertina del National Geographic Magazine per il numero speciale sul Covid. Per le sue fotografie ha ricevuto premi nazionali e internazionali e ha esposto in mostre e rassegne in tutto il mondo, concentrando la sua ricerca su questioni legate alla globalizzazione (minoranze , ambiente, diseguaglianze).

Tra i suoi progetti e reportage, uno, in particolare, lo ha riportato a Messina dove nel 2019, mosso dall’interesse per temi scientifici e ambientali, segnatamente, legati all’inquinamento del Mar Mediterraneo, ha realizzato il reportage “Dove si fermano gli occhi” documentando le trappole della plastica inquinante ma anche il lavoro di chi lotta e studia per salvare il mare. L’ambiente è uno spazio ed elemento narrativo importante nelle opere di Bertuccio che dopo il liceo voleva studiare Medicina o Biotecnologie; percorso che lo portò a Milano, dove però la passione per la fotografia è diventata una professione.

Il paesaggio resta centrale negli scatti di Bertuccio, perimetro fisico e simbolico in cui, con sapienza, raffinatezza, sensibilità, ferma uomini e donne che con esso dialogano in un clima surreale e poetico.. E’ un artista nutrito di letteratura, cinema, arti visive in generale, che si è abbeverato alle opere di maestri come Sander, Olaf, Avedon e Crewdson . Il suo sguardo non è istintivo ma frutto di un scavo intimo e accurato. Metodologicamente infatti, i lavori che intraprende, li studia con rigore, in modo organizzato e scrupoloso, dando molto spazio alla pre-produzione, controllando e preparando il progetto, per poi immergersi con coinvolgimento emotivo nella realtà da fotografare, cogliendone le occasioni fulminee, ma non casuali. Più prolungato è il lavoro preparatorio di conoscenza ed educazione al contesto, più l’autore rimane trafitto dalla realtà. Per lo studio sulla pesca del pesce spada, Bertuccio è stato sul campo, in barca, per 6 mesi, prima di fotografare i pescatori.

L’artista messinese racconta con un linguaggio molto personale la natura di cose e uomini, fissati in modo assoluto e universale per questo apprezzati a livello internazionale, ma con una memoria di insularità, che è il suo Dna e la sua fonte d’ispirazione.

Lo dice lo stesso fotografo, che quello che trova in Sicilia, «è difficile da spiegare, come qualcosa che non c’è altrove, ed è solo dove si nasce e si cresce, una magnetismo di luce e di mare, quello dello Stretto in particolare, impresso nell’anima e nello sguardo. Il mare è parte di me e della città. La Sicilia e lo Stretto me li porto nel cuore, i luoghi in cui ho vissuto sono dentro di me; il bello della natura qua lo insegna il mare, il bello in cui sono nato me lo porto negli occhi e lo riesce anche a mettere nei posti in cui la bellezza forse non c’è. Io sono andato via undici anni fa, Messina mi manca, torno solitamente nelle vacanze. Ma quello che posso dire è che mi dispiace tantissimo non potere stare laggiù per lavorare. Se la mentalità cambia, la città può avere un grande futuro, ci sono tantissimi messinesi nel mondo che fanno cose eccellenti. Quando torno mi rendo purtroppo conto che la realtà non cambia, non si evolve. Io amo la mia città, il luogo dove mi sento a casa e che mi manca tanto e per cui sono sempre disponibile per un contributo in ambito fotografico e artistico».

E l’avventura della copertina del Washington Post? «Quello è stato un lavoro assegnato, relativo alla questione dei vaccini a S. Marino che qualche settimana fa era alla ribalta della cronaca perché la Repubblica ha potuto decidere quale vaccino e strategia adottare, scegliendo lo Sputnik».

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