Il cinema Apollo è chiuso da fine ottobre, da quando è scattato il secondo lock-down in Italia. Tra mille difficoltà i proprietari resistono e non chiudono l’attività, ma quanto potranno andare avanti? Se pur poca la gente aveva ripreso ad andare al Multisala e anche se non ci si pagavano le spese, si manteneva la funzione sociale del cinema. È questo di cui si rammarica Loredana Polizzi, la titolare dell’Apollo, secondo la quale il Cinema avrebbe avuto una rilevante funzione sociale durante le varie fasi della pandemia, rispettando tutti i livelli di sicurezza imposti dai Dpcm. «Mi è sembrato un accanirsi su questo settore, in fondo è l’unico in cui ci sono degli spazi molto grandi, dove la gente avrebbe potuto condividere dei momenti rispettando la distanza. Non riesco a capire perché hanno fatto chiudere teatri e cinema e poi puoi andare in un bar dove ti prendi un caffè in una tazzina che magari quel giorno un dipendente nervoso non ha lavato bene, o andare al ristorante, o prendere un autobus, o al supermercato. Non si è fatta una scelta oculata su cosa aprire e cosa chiudere». – Come è andata dopo la fine del primo lockdown questa estate? «Noi quando abbiamo riaperto a fine agosto non avevamo grande aspettative, ma c’erano dei film di qualità, soprattutto per i giovani. Appena c’è stata la seconda ondata ci hanno fatto chiudere, neanche due mesi di attività, questo vuol dire ammazzare un settore. Ma poi significa cambiare proprio le abitudini di una popolazione. Se la gente si disabitua ad andare al cinema quando si riprenderà questo settore? E poi se anche aprissimo, con quali titoli? È da un anno che non ci sono più produzioni». – Lei è stata molto attiva in tutte le manifestazioni di protesta, anche in quella dello scorso 24 ottobre in cui il sindaco ha incitato gli esercenti a recarsi sotto la Prefettura. Si è confrontata con i suoi colleghi? Cosa pensano? «Anche i miei colleghi sono dell’idea che nel tempo il settore ripartirà, ma ci vorrà tempo. Noi poi avevamo fatto un investimento molto grosso, avevamo bisogno di incassare, ristrutturando il palazzo abbiamo restituito alla città un’architettura di Filippo Rovigo e questo sarebbe stato il primo anno in cui invece di pagare, avremmo incassato e fatto qualche riserva. Dal punto di vista psicologico è stato devastante sia per il pubblico che per noi. Noi siamo spinti dalla passione, però se tu frustri sempre una per persona, è dura. Io sono una roccia, ma fare imprenditoria con queste dinamiche è impossibile». – Se sarà possibile riaprire solo dopo l’estate cinema e teatri, da qui a settembre cosa pensa di fare? «Ci sarà un assestamento, o imparando a convivere con il virus o con il vaccino. la gente ricomincerà a frequentare la sale, noi potremo anche farcela nel tempo, ma prima il pubblico dovrà riappropriarsi delle sue abitudini. Io però temo che se le convention si fanno online, e la gente ha capito che può risparmiare, si è aperta una strada nuova. Certo Il cinema d’autore non morirà. Speriamo che anche l’albergo si riprenda. Certo ogni giorno che passa, è peggio, non possiamo sempre prendere dal privato e mettere nell’azienda. Poi tutta questa gente messa in cassa d’integrazione è come stordita, danno per scontato che lo Stato gli dà i soldi, c’è sempre più lassismo. E prima o poi sussidi e sostegni finiranno...». – Quali proposte si sente di fare alle istituzioni? «Penso che sarebbe auspicabile un tavolo tecnico, tra tutte le realtà più importanti che ci sono in città. In fondo noi diamo un servizio, se chiudiamo noi, cosa rimane? Mi auguro che non facciano morire un realtà importante come la nostra, unico cinema in centro città. Lei sa già quanta gente mi ha chiamato per chiedermi di aprire supermercati e ristoranti, ma io piuttosto fallisco, se vedrà qui un supermercato, vuol dire che noi non ci saremo più...».