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L'attore messinese Alessandro Lui nel cast del film su Marco Pantani

Non sarà sicuramente facile approdare a “L’ora della verità”, come recita il lancio del film che suggerisce già nel sottotitolo una sola pista, ma sicuramente “Il caso Pantani-l’omicidio di un campione”, ha riacceso i riflettori su un caso di cronaca che per molto tempo ha animato e infiammato l’opinione pubblica. L’attore messinese Alessandro Lui, già protagonista delle nostre Storie, ha interpretato Pietro Buccellato, il portiere del residence “Le Rose” di Rimini, che trovò il corpo dell’ex ciclista, e ha deciso di raccontare questa ultima esperienza e i progetti futuri.

In questo docu-drama ha vestito i panni di colui che ha trovato per primo il cadavere del campione romagnolo, il portiere Buccellato, un giovane studente trapanese che lavorava al residence per pagarsi gli studi. Qual è l’importanza del suo personaggio? E che idea si è fatto del “Pirata”?

«Buccellato è stato per me un personaggio molto interessante nella sua ambiguità. Il suo ruolo non è da sottovalutare: il primo a trovare il cadavere e a chiamare i soccorsi. È sempre rimasto nell’ombra ed è stato sentito in Tribunale solo anni dopo i fatti del 2004. La storia di Marco Pantani è stata molto toccante e delicata. Credo sia stato assassinato mediaticamente e fisicamente. Avevo avuto modo di esplorare la sua storia attraverso uno spettacolo teatrale, anni fa. È un caso di cronaca molto importante per il nostro Paese. Da Marco Pantani in poi sono cambiati il mondo del ciclismo, i controlli che in esso avvengono e gli sportivi che lo vivono».

In questo lavoro hai recitato con attori del calibro di Francesco Pannofino, Brenno Placido, Marco Palvetti e Fabrizio Rongione. Cosa ha imparato da loro e quanto ciò ha influito sulla sua crescita professionale?

«Placido, Palvetti e Rongione interpretano il ruolo di Pantani, ma trattandosi di varie fasi della sua vita io ho avuto modo di confrontarmi col Pantani di Fabrizio Rongione. Già in fase di lettura si percepiva una sceneggiatura corale, dove ogni personaggio porta avanti aspetti diversi della vicenda, che convergono in un punto comune. È stata una bellissima esperienza».

Un vero successo, soprattutto in tempo di Covid, con numeri incredibili ai botteghini. È soddisfatto?

«Sono molto contento per come sia andato il film al botteghino. In un periodo come questo aver portato la gente al cinema, poco prima della chiusura, è stato sicuramente un successo e tutto ciò dimostra che c'è fame di cultura».

Quali sono i prossimi impegni?

«Realizzare un cortometraggio sulle realtà manicomiali, che abbiamo in cantiere da diverso tempo, e di tornare a lavorare in teatro. Purtroppo, rimanere concentrati in questo periodo non è molto semplice ma nonostante questo non bisogna mai smettere di sperare in positivo».

Come sta cambiando il cinema? E quanto la preoccupano le incognite sul futuro in un contesto duro come quello cinematografico?

«Il cinema si trova ad un giro di boa, e quello che cambia oggi è specialmente la sua fruizione. Sempre meno persone frequentano le sale cinematografiche mentre sempre più spettatori si approcciano alla tv, mi riferisco allo streaming e alla fruizione quotidiana, immediata, che servizi come Netflix, Sky, Amazon, offrono ogni giorno ai loro abbonati. Il cinema credo si stia muovendo verso quel tipo di fruizione, quella dell’home cinema, un cinema da divano, da casa, da privato. Per quanto riguarda il nostro periodo storico è innegabile che le incertezze siano tante e staremo a vedere dove tutto questo ci porterà».

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