Sabato sera sul palco della piazza di Malfa riceverà il premio Troisi Marefestival Anna Bonaiuto: abbiamo intervistato un'icona della “Scuola napoletana”, attrice intensa e poliedrica sia in teatro che al cinema, ha lavorato con i più importanti registi italiani, oltre ad essere stata al fianco di Philippe Noiret e dello stesso Massimo Troisi ne “Il Postino”. Come si riesce a passare dal teatro al cinema con così tanta apparente facilità? È solo questione di talento? «Un attore è un attore sempre, sia sul palco di un teatro che al cinema. Quel principio di verità e di intensità che deve esserci alla base delle recitazione è lo stesso e non cambia mai». Il debutto al cinema per Anna Bonaiuto arriva nel ’73 con “Film d'amore e d'anarchia – Ovvero Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…” di Lina Wertmüller, poi, sempre nello stesso anno anche “Teresa la ladra” di Carlo Di Palma. Cosa ricorda degli esordi nel grande schermo? «Ero appena uscita dall’Accademia teatrale e ricordo che all’epoca mi interessava molto di più il teatro, in realtà non ho mai cercato il cinema, ma il cinema ha trovato me. Poi, arrivata in questo mondo per me nuovo, ho capito che le cose più importanti sono i bei ruoli e il regista con cui lavori». È stata diretta anche dal grande Pupi Avati in “Storia di ragazzi e ragazze” (1989) e” Fratelli e sorelle” (1992), ed entrambi quest’anno Premi Troisi al Marefestival, com’è stato lavorare insieme? «La grandezza di Pupi Avati sta nella sua attenzione nella ricerca della verità dei suoi attori, non ama la recitazione costruita e impostata, ma la semplicità, l’autenticità. Con il film “Fratelli e sorelle” vinsi anche una Grolla d’oro». Nel ’94 recita ne “Il Postino” la parte della moglie di Pablo Neruda interpretato dal grande Philippe Noiret e naturalmente con Massimo Troisi. «È stata una fortuna per me lavorare con due attori grandissimi, ma al tempo stesso molto diversi tra loro. Noiret era un uomo pieno di ironia, ricordo il suo sguardo intelligentissimo e attento. Massimo Troisi per me era poesia, qualcosa che andava al di là della recitazione, riusciva a toccare le corde del cuore facendoci ridere». Tanti sono i premi che hanno caratterizzato la sua carriera: nel 1993 vince la Coppa Volpi a Venezia come miglior attrice non protagonista nel film di Liliana Cavani “Dove siete? Io sono qui”. Con “L'amore molesto”, di Martone si aggiudica il Nastro d'Argento ed il David di Donatello come miglior attrice protagonista. Quale film tra questi che le sono valsi i riconoscimenti ha amato di più? «Certamente “L’amore molesto”: era un grande film con uno straordinario ritratto di una donna dalla forte personalità». In due pellicole ha interpretato personaggi realmente esistenti: ne “Il Caimano” di Nanni Moretti è Ilda Boccassini, mentre ne “Il Divo” di Paolo Sorrentino interpreta Livia Danese, la moglie di Giulio Andreotti. In questi casi come funziona lo studio del personaggio senza sconfinare nell’imitazione? «Ho cercato di comprendere l’anima di queste due donne, perché mi interessava comunicare quello che rappresentavano. Per la Boccassini ho puntato sulla sua grande dirittura morale, la sua integrità ed onestà, mentre per interpretare la moglie di Andreotti, che non appariva quasi mai, sulla sua riservatezza».