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Le epidemie che misero a dura prova Messina, la “morte nera” e le altre tragiche pesti

Con le misure per il contrasto e il contenimento sull'intero territorio nazionale del diffondersi del virus Covid -19, la città ha visto cambiare i propri ritmi quotidiani. Messina non è nuova a queste prove. Basta ripercorrere la sua storia.

La peste del 1347-48, dopo aver desolato il continente italiano e specialmente Firenze, come la descrisse il Boccaccio, penetrò in Sicilia con le navi genovesi approdate nel porto di Messina. Ma per la città dello Stretto fu ancora più violenta l'epidemia del 1482, durante la quale perirono 18 mila abitanti, anche se fu di breve durata; le provvidenze del viceré Gaspare de Spes furono così energiche, che la “morte nera”, si estinse.

Nel 1743, per l'epidemia di peste, la città ebbe uno stretto cordone che la cinse e tre vicari generali inviati da Palermo a regolare la difesa, ciò nonostante Messina registrò la scomparsa del 71,6 per cento della sua popolazione. Provocò molte più vittime che il terremoto di quarant'anni dopo.

Conseguenze nefaste determinò anche il colera del 1867 che si sparse dappertutto in Sicilia e che a Messina determinò 4483 decessi e fu la causa principale della fine della prima sindacatura Cianciafara. Nella seduta del Consiglio del 26 giugno 1867, egli dichiarò che «in vista dello sviluppo del colera nell'Isola, la Giunta si è premurata adottare e disporre diversi mezzi di preservazione; preparandosi ad un tempo quei rimedi di repressione che sarebbero rigorosamente indispensabili ad arrestare il progredimento del morbo in caso d'invasione».

Fu annunziata quindi la formazione di un Comitato centrale permanente e di uffizi sanitari nelle sezioni della città per coadiuvare l'azione della Commissione sanitaria municipale, tanto nella prevenzione che nella repressione del male; la organizzazione di due ospedali, la fornitura degli stessi delle ambulanze; la contrattazione con diversi medici e farmacisti per un servizio sanitario; il miglioramento delle condizioni igieniche della città provvedendo coll'aumento degli agenti per la spazzatura, e colla giornaliera disinfezione delle latrine.

Siffatte misure necessitarono una spesa straordinaria e superiore di gran lunga al fondo stanziato nel bilancio, tanto più che lo stesso era menomato d'oltre la metà per la spesa motivata dall'invasione ancora permanente del tifo bovino.

Cianciafara, in seguito alla deliberazione del Consiglio del 26 giugno 1867, per l'incolumità della salute pubblica, invocò il concorso della Commissione sanitaria centrale, attuando in soli due giorni un altro cordone sui confini del territorio comunale.

L'epidemia di colera del 1885 investì Tunisi e colpì direttamente l'Egitto, l'Algeria, la Francia, l'Italia, la Spagna, il Portogallo, Malta ed indirettamente tutti i paesi del Mediterraneo, costretti ad applicare quarantene e cordoni sanitari per proteggersene. Durante l'estate del 1885 e poi nei primi mesi del 1886 anche la città e la provincia di Messina furono sconvolte da una nuova epidemia, quella del vaiolo, la quale sommandosi al mai sopito colera, colpì centinaia e centinaia di persone, soprattutto nei quartieri più poveri.

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