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L’eterno fascino dello “Schiaccianoci” al Vittorio Emanuele di Messina

Il pubblico messinese, che ha gremito il teatro “Vittorio Emanuele” per assistere ad un balletto iconico, un capolavoro della danza dell’Ottocento, “Lo Schiaccianoci”, esaltato dalle celebri musiche di Pëtr Il’ič Čajkovskij, ha potuto seguire una versione originale e innovativa di quest’opera, la cui ideazione e coreografia portano la firma di Massimiliano Volpini.

La versione classica del balletto disegna un unicum compatto tra libretto, musica e coreografia, radicato nell’immaginario collettivo, da cui sono fiorite infinite edizioni, alcune storiche, rimaste sempre nell’ambito della rivisitazione. La lettura di Volpini è rivoluzionaria, sia nella stessa struttura drammaturgica, che nella conseguente scelta stilistica, espressa nelle coreografie, nelle scene, nei costumi (curati da Erika Carretta) e nell’ambientazione. Lo Schiaccianoci fu creato dalle coreografie di Petipa e dalla storia enucleata dal racconto Hoffmann, ripreso da A. Dumas (padre), versione privilegiata per la connotazione favolistica.

Volpini, che sembra ispirato più al primo testo e più inquietante, “Schiaccianoci e il re dei topi”, narra una storia nuova, carica di temi contemporanei e atmosfere metropolitane. Il primo atto non è ambientato nella casa Stalhbaum, con Clara-Marie e Fritz e l’abete addobbato, che diventa la scena di sogni, lotte fra ussari e granatieri e topi, ma in quartiere marginale. Là si muovono bande rivali; Drosselmeyer è capo di una comunità di strada, mentre il Fuggitivo/ Schiaccianoci si muove con un gruppo di giovani, tra cui Clara, che lottano per sopravvivere; ecco le sfide, i momenti tensivi e, al contempo, il Natale rappresentato da un albero di bottiglie di vetro ed una sagoma sui muri, i giochi, gli scherzi. Una gioia possibile, anche tra gli scarti di quell’angolo di mondo.

Gli invisibili prendono forma, consistenza; il buio, che dice del lato oscuro delle città, è marcato dalle torce di vigilanti muniti di code (allusione ai topi della storia) e interrotto dai costumi colorati del gruppo di amici che cerca di conquistare spazi di dignità. L’oscurità della caligine delle periferie, nel secondo atto è stemperata, nel sapiente gioco di luci guidato dal light designer Emanuele De Maria, con cui si sottolinea un cambio di atmosfera, linguaggio e di grammatica narrativa, con tracce poetiche della festa, sparse nella mirabilante pioggia di neve, nella carrellata di figure bizzarre, nei passi delle immancabili Danze cinese, spagnola, e araba, caratterizzate magistralmente dalla musica sublime di Čajkovskij.

Il clima poetico affiora, nel vortice di colori, nei gruppi fluidi e leggiadri dei danzatori, nei “pas de deux” e fa capolino, comunque, il sogno, per lo spettatore che non cerca agganci con la tradizione di questo balletto.

Il racconto di Volpini mantiene una sua coerenza, scorre, partendo da una contestualizzazione ribaltata e da un nucleo narrativo ampliato, descrive una storia moderna che non lascia fuori le inquietudini del presente. Fatto il salto spaziale e quello temporale, la favola c’è tutta, con il suo incanto.

La densità della storia è assicurata, naturalmente, dalla suggestiva e ariosa composizione di Cajkovskij, dalla straordinaria capacità di invenzione melodica e di timbrica raffinata, la cui solidità sinfonica è stata ben interpretata dall’Orchestra del Teatro che ha dato una bella prova e che è stata guidata dalla mano sicura del maestro Giuseppe Ratti, che vanta direzioni importanti sia liriche che sinfoniche in Italia e all’estero e che ha esordito nella carriera, aggiudicandosi il prestigioso premio “Bolzoni” del Conservatorio di Torino, dove ha studiato e insegna. I ballerini della compagnia del “Balletto di Roma”, tutti giovanissimi, hanno padroneggiato oltre l’interpretazione, una tecnica matura, con movimenti fluidi e ariosi, volute e passi, di grazia, freschezza, eleganza e agio. In questa istituzione storica, orientata negli ultimi anni verso creatività e ricerca contemporanee, Volpini è coreografo associato, oltre che essere apprezzato creatore di coreografie per Teatri come la Scala di Milano , il Regio di Torino e l’Opera di Roma.

“Lo Schiaccianoci” ha riscosso un grande successo di pubblico sia a Messina sia al Teatro Bellini di Catania, dove si è registrato lo stesso “sold out” che nelle due serate vissute al “Vittorio Emanuele”. E nei giorni scorsi il presidente Orazio Miloro e il sovrintendente Gianfranco Scoglio hanno espresso grande soddisfazione per la prima collaborazione con il Teatro Bellini di Catania e con il Balletto di Roma «frutto di un accordo finalizzato al rilancio dei due teatri più antichi della Sicilia e a offrire agli spettatori produzioni sempre più qualificate in raccordo con partner di grande livello e competenza. Un meritato successo del direttore artistico della sezione Musica del Teatro Vittorio Emanuele Matteo Pappalardo che ha curato la scelta della produzione che a Messina sarà accompagnata dall'Orchestra con la bacchetta del maestro Ratti. La collaborazione con il Balletto di Roma, già presente in città da alcuni anni, consentirà ai nostri giovani di frequentare una scuola di danza in uno degli istituti più prestigiosi nel panorama nazionale valorizzando così il sapiente lavoro dei maestri di danza messinesi ed i talenti dei ballerini».

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