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La Madonna di Tindari e le origini del culto: il simulacro uno dei 750 censiti in tutta Europa

Il culto per la Madonna in Occidente ha avuto inizio con Bernardo Di Chiaravalle. Fino ad allora essa era raffigurata di colore scuro. Per comprendere l’origine del simulacro e dunque del culto per Maria Santissima del Tindari bisogna citare le nozze tra Baldovino di Boulogne, meglio noto come Baldovino I, che sposò nel 1113 Adelasia Incisa del Vasto, terza moglie di Ruggero I di Sicilia e madre di Ruggero II.

Il matrimonio durò poco, perché fu annullato in quanto Baldovino risultava già sposato con Arda D’Armenia. Adelasia nel 1117 tornò in Sicilia. Anche alla corte palermitana restò pochissimo, perché preferì entrare nel convento di Patti (pur senza prendere i voti), nella cui cattedrale fu tumulata alla sua morte, nel 1118, e dove a tutt’oggi riposa in una tomba in stile rinascimentale. Fin qui la storia. Adesso l’ipotesi: è possibile che la regina Adelasia, nel suo viaggio di ritorno in Sicilia, abbia potuto portare con sé il simulacro raffigurante Maria. Adelasia viaggiava, probabilmente, scortata dai monaci guerrieri dei cavalieri dell’Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme (meglio noti oggi come Cavalieri di Malta).

L’ipotesi si basa innanzi tutto sulla coincidenza di date, personaggi e luoghi; ma si basa anche sul fatto che il simulacro della Madonna Nera del Tindari è uno dei circa 750 censiti in tutta Europa, nei quali sono compresi le circa 120 che sono in Italia. Su questi simulacri c’è da dire che hanno “un’altezza media” che si aggira tra i 50 ed i 70 centimetri.

Questo perché, probabilmente, erano modellate per poter essere contenute nelle bisacce che venivano caricate sui cavalli. Le statue sono sparse in tutta Europa perché portate, probabilmente, dai cavalieri ospitalieri, dai cavalieri teutonici e soprattutto dai cavalieri del tempio di Salomone (meglio noti come Templari), durante i loro rispettivi viaggi dalla Terra Santa verso la madrepatria.

Una volta arrivata a Tindari l’immagine della Madre di Cristo, nascono i pellegrinaggi, che nel Medio Evo erano caratterizzati da altissime motivazioni religiose; sopratutto quelli rivolti verso Gerusalemme. Chi partecipava ad un pellegrinaggio aveva la convinzione che, alla fine del percorso, gli sarebbero stati condonati tutti i peccati.

Il pellegrinaggio principale era naturalmente recarsi a Gerusalemme, dove non tutti potevano andare per ovvi motivi. Quindi andare a trovare una Madonna che veniva da Gerusalemme rappresentava un ottimo motivo di sostituire il viaggio in Terra Santa.

Si creò così l’usanza dei pellegrinaggi a Tindari, che molto plausibilmente incominciò ad estendersi a partire dai centri vicini. I pellegrinaggi dei mandanicesi furono probabilmente tra i primi perché avevano l’abitudine di attraversare i Peloritani, sulla dorsale Ionio-Tirreno e viceversa, in quanto il monastero Maria SS Annunziata di Badia di Mandanici possedeva alcuni beni rurali, compresa una chiesetta di campagna, a Gualtieri Sicaminò; dove appunto si recavano di tanto in tanto per riscuotere i beni prodotti dai contadini di quelle terre, e dove appunto appresero l’esistenza della Madonna.

Un sito di Templari implicitamente, rivendica il merito di avere portato a Tindari l’immagine della Madonna. Il sito infatti pubblica alcune foto contrassegnate con la croce patente tipica del templarismo. Il mistero delle Madonne nere è stato analizzato in un convegno internazionale svolto al Santuario di Crea in Piemonte di cui riferisce Famiglia Cristiana, con un articolo con il quale fa il punto delle Madonne nere (passione di studiosi e fedeli).

“Il tema - scrive il giornale cattolico -, affascina, al punto che gli studiosi, biblisti e antropologi, si accapigliano con le seguenti domande: ma la Madonna era nera, o, perlomeno di pelle scura era una ragazza palestinese e dunque poteva avere la pelle un po’ meno chiara delle romane ed europee. Eppure - prosegue la rivista - , la questione non è di origine geografica”. “Perché ci sono in giro per il mondo tante Madonne nere?”, si chiede.

“La spiegazione che si adduce è che sono state “affumicate” dal fumo delle candele, oppure che sono miracolosamente scampate ad incendi, restando leggermente incenerite. Lo dicono gli studiosi, ma la devozione popolare non ci sta. Le Madonne sono sempre state nere”.

Infine, parlando delle Madonne Nere, quindi anche di quella del Tindari, non si può non citare la scritta “Nigra sum sed formosa (Sono nera ma bella)”, che campeggia sulle statue e che riprende il Cantico dei Cantici. Altresì si deve evidenziare che nella chiave di volta dell’arco che dà sull’abside del Duomo di Mandanici c’è un medaglione, in chiaro stile barocco, in cui si legge “Veni de Libano sponsa mea veni coronaberis (Vieni dal Libano sposa mia, vieni sarai incoronata)”.

Anche questa frase è mutuata dal Cantico dei Cantici, attribuito al re Salomone che lo avrebbe scritto nel V secolo a.C.. Sempre nel medaglione si legge la data 1693. Il riferimento dovrebbe essere al terremoto che in quell’anno distrusse gran parte della Sicilia orientale, e dunque anche il Duomo di Mandanici.

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