Figlia d'arte con una passione viscerale per il teatro, la giovane attrice messinese Sabrina Marchetta, figlia dell'attore Maurizio Marchetti, si è cimentata nel suo primo ruolo cinematografico nel film “Il colpo del cane”, appena uscito nelle sale.
Diretta da Fulvio Risuleo, e prodotta da Tim Vision e Revok, la pellicola è stata definita un “buddy film” all'italiana, per la peculiarità della storia, più vicina alla comedy americana. Divertente la trama, che parte dalle protagoniste Marti (Daphne Scoccia) e Rana (Silvia D'Amico), due dogsitter che al loro primo giorno di lavoro subiscono il furto del bulldog francese affidato loro da una ricca signora (Anna Bonaiuto). Nel mettersi sulle tracce del rapitore le due ragazze inizieranno una rocambolesca avventura che si svolgerà nell'arco di un week end.
Ne abbiamo parlato con Sabrina Marchetta, interprete di Anna, vicina di casa del presunto autore del furto, il sedicente veterinario Dr. Mopsi (Edoardo Pesce).
Ex allieva dell'Accademia Bordeaux di Roma, impegnata in esperienze teatrali con la realtà capitolina Carrozzerie n.o.t, la giovane attrice, nonostante l'amore per il palcoscenico, tradisce un vero entusiasmo per il ruolo. «Interpreto Anna, vicina di casa del Dr. Mopsi - racconta - che una notte, sentendolo tossire, gli porta una tisana, per non essere disturbata oltre, dato che il mattino successivo ha un esame al conservatorio. I due scopriranno di essere entrambi appassionati di musica rock ed inizieranno a frequentarsi. Mopsi ha una vita parallela in cui si chiama Orazio, ed Anna avrà una storia proprio con questo suo alter ego».
Il film è atipico rispetto alla commedia all'italiana. Si percepiva questa peculiarità sul set?
«Era la prima volta che mi trovavo su un set cinematografico, anche se a tredici anni ero apparsa in un film di Anne Riitta Ciccone girato a Messina (“L'amore di Màrja”). La tipicità del genere l'ho percepita nella storia, che ho trovato appassionante e originale, perché narrata dal punto di vista dei tre protagonisti, le due dog sitter ed il dottor Mopsi. Sul set si respirava un'atmosfera serena, essendo la troupe formata da un gruppo di amici, per gran parte ex allievi del Centro Sperimentale. Ho avuto quindi la fortuna di esordire in un progetto interessante in cui credevano tutti, me per prima».
Da figlia d'arte potremmo dire che hai respirato l'arte in casa…
«Inizialmente papà non era molto entusiasta della mia scelta, perché questo è un mestiere difficile, ed io ho deciso di farlo a 23 anni, interrompendo gli studi universitari. Ma allo stesso tempo si è mostrato orgoglioso dei risultati, perché ogni provino l'abbiamo preparato assieme. Lo devo ringraziare per la serenità che mi ha trasmesso, essendo lui stesso una persona calma e positiva. Durante il mio primo giorno di set mi sentivo piuttosto tranquilla, per cui gli ho chiesto se fosse normale non avere l'ansia. “Noi siamo così”, mi rispose ridendo. Quindi ho avuto la fortuna di averlo come padre, oltre al privilegio di essere nata dentro il teatro, nel senso di esserci stata educata. Il palcoscenico è prima di tutto una terapia e la drammaturgia dovrebbe essere inserita come materia obbligatoria nelle scuole, perché può educare concretamente alla vita. C'è un pezzo di Karl Valentine, “Il teatro dell'obbligo”, che per me è come una Bibbia».
Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.
Caricamento commenti
Commenta la notizia