«Parlami o Musa». Cantami della Musica che riempie la Gola, delle peregrinazioni di suoni profondi, della vita rotonda di note che girano all'infinito in un ritorno perfetto, senza ritorno. Suonami quel rumore liquido del fiume che s'infiamma d'armonia. Narrami della consonanza, della reiterazione di idee antiche stagliate su un pentagramma illeso, roccioso e affilato, di stalattiti taglienti come sono le voci quando vengono da dentro e dentro rimangono. Raccontami la risonanza, che la cassa di un luogo ancestrale rende libera di vagare. Dimmi l'essenziale, dimmelo in quel modo eccezionale. Dimmi cos'altro c'è da dire se Omero detta il tempo e l'epica del teatro naturale trascrive il Poema in un «rapimento mistico e sensuale». Se non ci sono i citaredi, gli artigiani del canto indispensabili alla nobiltà degli ospiti, se è muta, sottintesa la festa dei Feaci. E se non c'è il repertorio, c'è il sacro dono dell'ispirazione e l'artificio di esporla. La percezione del marchio omerico, la divinità oceanica di Calipso, la magia scura di Circe, il frastuono tentatore delle Sirene, il bordello arrogante dei Proci, l'umanità carnale dei compagni di viaggio. Quel significante potere soprannaturale che connette musica, poesia e danza alla vita. La rarefazione alla conduzione, la fisica della terra alla chimica dell'aria, con la filosofia dell'accoglienza. Dove l'implicazione narrativa del suono produce una grammatica di sensazioni acustiche e tattili, dove il dovunque ha nella luce l'unica indicazione di provenienza. Declina uno spettacolo per nulla canonico che si fa ecumenico, tra il religioso, fortissimo silenzio degli spettatori a bordo scena. Coniuga il minimo e indispensabile per accentuare il pathos, insisti sulla cantabilità del testo accompagnato dalla eco naturale del posto. Trasforma l'energia statica in conduzione elettrica. Il cantore cieco, il fiume come un orto, in un discorso circolare come il disco. La melodia usata e mai abusata, la natura straordinariamente “strumentalizzata”, tenuta in conto come protagonista, adattata ed adottata. Il pensiero complementare che non vuole prevaricare. Poni l'accento sullo spartito scarnato dalle scelte di Nello Toscano, imponi le dinamiche incarnate nella terra che per sua natura si è resa collaborativa agli attori e disponibile alla regia di Giovanni Anfuso. Tendi l'arco per sconfiggere la resistenza, apri all'orgoglio della resilienza. Salvaci dal pregiudizio di chi non vuol sentire. Giuraci che avremo ancora un altro viaggio, promettici che non finirà.