Era un muro, ora è un gioco. Era nero, ora è rosa. Era una barriera, prima ancora che fisica, psicologica ed emotiva, ora è un varco, non fisico ma psicologico ed emotivo. È il progetto “Teeter totter wall” (Muro altalena), realizzato da due docenti californiani, Virginia San Fratello, professore associato di design alla San José State University, e Ronald Rael, professore di architettura a Berkeley, in uno dei punti “dolenti” dell’America di Trump: il muro al confine col Messico. Certo, un muro che esiste da prima di Trump (e infatti l’idea del progetto è di 10 anni fa), ma che oggi ha un impatto ancora più forte, nell’America delle “porte chiuse” e della “tolleranza zero” sull’immigrazione. E così, quel luogo segnato dalla divisione – metafora di divisioni assai più ampie e planetarie – oggi è il luogo del suo opposto: la con/divisione gioiosa e giocosa.
Le altalene, d’un rosa fenicottero, rosa unicorno, rosa fantasia che spezza il nero del muro, sono state collocate tra le barriere metalliche alte otto metri drizzate tra Sunland Park, in New Mexico, e Ciudad Juarez. Ed è stato come se il muro non ci fosse più: da una parte e dall’altra, quasi senza potersi vedere, bambini e adulti, piccoli e grandi, immigrati o nativi, che sognano di partire o sognano di restare, si sono messi a giocare. E quel tipo di altalena è un gioco cooperativo, in cui il peso e lo slancio dell’uno fa volare l’altro, il ritmo si decide assieme. Anche questa una bella metafora, che a noi qui, su un’altra linea di confine, la frontiera mediterranea, fa venire in mente il sogno colorato di Riace, le debolezze che riunite diventano una forza, una gioiosa cooperazione.E fa venire in mente che di fronte allo stesso problema (unico, globale ed epocale: le migrazioni, che saranno sempre più intense) si possono fare scelte del tutto opposte: il muro o il dondolo; la chiusura e divisione o la cooperazione e con/divisione.
«Andare su quel dondolo – ha scritto nel suo profilo Instagram il professor Rael – serve a dimostrare che siamo uguali e possiamo giocare assieme, divertendoci». «Uguali», che parola magica nel mondo delle differenze. Una parola che spicca sul nero, come un fenicottero o un unicorno rosa. E siamo sempre lì: dobbiamo scegliere se cercare il nero o il rosa; se cercare ciò che ci rende uguali in un mondo di differenze o ciò che ci rende diversi, e farne una ragione di separazione. Se volere un muro che interrompe o un dondolo che mette in comunicazione, richiede gesti di condivisione, collaborazione e un fine comune che è persino scritto nella Costituzione americana: la felicità. Che dev’essere un luogo senza muri, solo dondoli.
La bellezza ci salverà.
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