Sabato 23 e domenica 24 marzo 2019 il FAI – Fondo Ambiente Italiano invita tutti a partecipare alle Giornate FAI di Primavera per guardare l’Italia come non abbiamo mai fatto prima e costruire un ideale Ponte tra culture che ci farà viaggiare in tutto il mondo.
Per l’edizione di quest’anno il FAI Sicilia aprirà 122 luoghi in 45 località, grazie alla spinta organizzativa delle 8 Delegazioni FAI siciliane (insieme ai 10 Gruppi e 6 Gruppi Giovani) e grazie ai 1.700 Apprendisti Ciceroni che accompagneranno i visitatori a specchiarsi nella stupefacente varietà della regione, aprendo luoghi spesso inaccessibili ed eccezionalmente visitabili in questo weekend, durante il quale sarà possibile sostenere la Fondazione con un contributo facoltativo o con l’iscrizione.
Il catalogo dei beni visitabili durante le Giornate FAI di Primavera raccoglie una proposta così varia e originale che è impossibile da sintetizzare.
Ecco le aperture a Messina e provincia:
CAPIZZI - CHIESA SANT'ANTONIO DI PADOVA
Il complesso architettonico della chiesa di Sant’Antonio da Padova occupa un'area posta a est del centro abitato del Comune di Capizzi, presso la chiesa madre di S. Nicolò. Restaurata ed abbellita nel 1751 dalla famiglia Russo, ha la facciata principale prospiciente Piazza dei Miracoli, luogo carico di valori storici e folkloristici, e mantiene ancora l’impianto originario del 1629, realizzato in pietra arenaria locale, arricchito da disegni allegorici ed ornamentali di notevole fattura. L'interno a navata unica ospita la statua del santo dei miracoli, collocata su un altare ricco di stucchi dorati. Di particolare pregio è la copertura lignea a capriate – una delle poche di questo genere rimaste in Sicilia - eseguita in legno intarsiato e cassonetto decorato. Dal 1 settembre 2011 la chiesa vanta una preziosissima reliquia “ex cute” estratta dal cranio del Santo durante la ricognizione canonica del 1981. La reliquia è stata collocata in una nicchia alla base della statua del Santo.
MUSEO DI ARTE SACRA DEI SANTI NICOLÒ E GIACOMO
Il Museo d’Arte Sacra dei Santi Nicolò e Giacomo è stato allestito nell’ipogeo della chiesa madre di San Nicolò, utilizzato un tempo come sede della Confraternita del Santissimo Sacramento. L’area museale è costituita da significative ed eterogenee opere provenienti per la maggior parte dal patrimonio locale: tele del XVII secolo di importanti autori locali, come la tela di “San Nicola” di Giuseppe Salerno detto lo Zoppo di Gangi e la tela di “San Gaetano da Thiene” attribuita alla scuola di Pietro Novelli. Due sale contengono numerosi argenti di scuola messinese e palermitana dei secoli XVII, XVIII, XIX. Incantevole è la sala dalla volta dipinta dove si possono ammirare pitture, decorazioni e rimandi evangelici che inquadrano “L’Ultima Cena” mentre al centro della sala è una tela del XVII secolo rappresentante il “Viatico al letto dell’infermo”. Un’ampia area è dedicata ai paramenti liturgici antichi.
SANT'AGATA DI MILITELLO - PALAZZI STORICI DI SANT'AGATA DI MILITELLO. PALAZZO GENTILE
Palazzo Gentile, ubicato nel centro di Sant'Agata di Militello, alle spalle del Duomo, è stato costruito nella seconda metà del XIX secolo. Di proprietà del comune di Sant'Agata di Militello, in passato ha ospitato il Museo dei Nebrodi, mentre attualmente ospita gli uffici amministrativi dell'Ente Parco dei Nebrodi. I luoghi di San Nicolò Politi
ALCARA LI FUSI - CHIESA SAN PANTALONE MARTIRE
La Chiesa San Pantaleone Martire era già esistente nel 1503, anno in cui i cittadini alcaresi dal Monastero del Rogato vi traslarono provvisoriamente le Reliquie del Protettore San Nicolò Politi. All’interno si notano alcuni interessanti particolari, come ad esempio la porzione di una colonna in pietra arenaria che evidenzia e conferma l’antica origine romanica della chiesa. Nel XVIII secolo si registrano rimaneggiamenti che hanno compromesso e coperto l’originario impianto quattrocentesco di cui conserva solo l’impostazione architettonica a tre navate con quattro cappelle laterali dedicate al Santissimo Crocifisso, a Sant’Antonio Abate, alla Sacra Famiglia e alla Deposizione. Sulla parete di fondo è addossata la maestosa pala d’altare della Vergine col Bambino in gloria tra Santi, dipinta dal palermitano Damiano Basile nel 1599. Ospita inoltre il sesto organo più antico di Sicilia (1666), opera del palermitano Giuseppe Speradeo.
ACQUA SANTA
La prima testimonianza relativa alla presenza di S. Nicolò Politi pare sia legata al prodigio accadutogli durante il lungo cammino che, dalle pendici dell’Etna, lo condusse sui monti Nebrodi. Sfinito per le fatiche, fu vinto da grande stanchezza e sete quando vide improvvisamente sgorgare acqua limpida e fresca dall’aspro macigno che aveva toccato con la sua croce. Rendendo grazie all’Eterno Divino per aver esaudito le sue preghiere, rinvigorì le membra e riprese il cammino che, poco dopo, lo condusse alla grotta del Calanna, sua nuova dimora. Sito alle pendici del monte Calanna, incastonato tra rocce ed ulivi, il suggestivo luogo prende il nome di “Acqua Santa” che, nel corso dei secoli, è divenuto meta di devoti pellegrinaggi in seguito ai numerosi prodigi operati della sorgente, testimoniati da alcuni poeti locali.
CHIESA DELLE GRAZIE
Situata nell’omonima contrada, la chiesetta rupestre dista dall’abitato circa 2 km e sorge alle pendici della Rocca Traura, dove nidificano i grifoni. Studiosi locali riportano che la Chiesa venne costruita in segno di ringraziamento alla Vergine per aver protetto il popolo di Alcara dall'epidemia di peste che colpì la Sicilia nel 1525; alcuni dettagli dell'edificio farebbero pensare tuttavia ad una datazione più antica. Semplice nell’aspetto strutturale, presenta un ingresso composto da un arco a sesto lievemente acuto in pietra arenaria, una copertura lignea con mensoloni decorati da elementi fitomorfi e un campanile a vela con un'unica loggia. All’interno si ammirano due dipinti, “L’adorazione dei pastori” della seconda metà del XVII secolo e la tela ottocentesca raffigurante la “Madonna delle Grazie”, seduta su un masso mentre allatta il Bambino con, sullo sfondo, San Nicolò Politi nell’atto di scacciare un untore di peste.
CONVENTO DI SANTA MARIA DEL ROGATO * Ingresso esclusivo per gli Iscritti FAI.
Sul versante opposto della vallata dell’antico Fiume Ghida, di fronte all’abitato di Alcara, sorge il Monastero del Rogato, fondato ante 1105. Nel testamento del maggio 1105 sono elencate le comunità religiose del territorio compreso fra Naso e San Fratello, dipendenti dall’abbazia di Fragalà presso Frazzanò, tra le quali compare anche quella di Santa Maria Madre di Dio detta altresì del Rogato o di Alcara. Durante il periodo di attività era molto fiorente, tanto che l’Eremita Nicolò Politi, giunto in contrada Calanna intorno al 1137, cominciò subito a frequentarlo. La chiesetta fu sempre officiata, poiché rimase sempre viva la devozione popolare verso la Vergine Assunta raffigurata in un bell'affresco, la “Kîmesis”, e verso le spoglie mortali dell’Eremita Basiliano Nicolò Politi, qui trasportato il 26 agosto 1167 e rimastovi per ben 336 anni, fino al 10 maggio 1503.
CHIESA DI S. NICOLA DI MIRA
Situata nel quartiere Calvario, popolarmente denominato “a Rocca”, questa struttura di costruzione medievale è probabilmente l’edificio chiesastico più antico esistente nel paese di Alcara. Da quanto riportato dal compianto Mons. Gaetano De Maria, da un atto del Vescovo Guglielmo di Messina del 1125 si apprende che la Chiesa fu edificata “a spese e con le oblazioni degli abitanti di Alcara”; successivamente il Vescovo Ugo ne decretò nel 1131 la dipendenza dall’archimandriato, poiché la Chiesa era di rito greco e tale la si ritrova ancora nel 1144, anno della revisione dei privilegi ordinata da Re Ruggero. L'aspetto della piccola struttura è sicuramente frutto dei diversi rifacimenti dovuti a crolli e riadattamenti che l’edificio di culto ha subito nel corso dei secoli, fino ad assumere la veste attuale, ascrivibile ad una fase compresa fra XIV e inizi del XV secolo.
CHIESA MARIA SS. ASSUNTA
Costruita non oltre gli inizi del XVI secolo la Chiesa Madre presenta un impianto basilicale a croce latina, composto da tre navate suddivise da colonne in pietra calcarea locale con capitelli ionici. Ampliata nel Seicento, la chiesa ha subito diversi rimaneggiamenti in seguito all’incendio del 1769. Al suo interno si possono ammirare l’organo del 1782 di Antonio La Manna; l’altare dell’Assunta e dell’Altissimo Sacramento collocati nei transetti laterali; l’altare di Santa Lucia, della Madonna del Carmelo e la cappella del Crocifisso nella navata di sinistra; l’altare delle Anime del Purgatorio e dell’Immacolata e la Cappella del Santo Patrono nella navata di destra, ospitante, oltre al simulacro cinquecentesco di San Nicolò Politi, l’urna-reliquiario d’argento e una tela di Filippo Trancredi del 1710, raffigurante il ritrovamento del corpo del Santo. Di rilevante interesse sono poi le absidi, la parte più antica dell’edificio dai chiari
riferimenti alla tradizione normanna.
SANTUARIO DELL'EREMO SAN NICOLÒ POLITI
Edificato sulla grotta che, secondo la memoria agiografica, fu per circa trent’anni dimora dell’Eremita basiliano, non si hanno purtroppo notizie certe in merito alla sua costruzione anche se sembra fosse già esistente nel 1507, anno in cui Papa Giulio II concede, con il breve pontificio del 7 giugno, di celebrare la festa anniversaria della serena morte dell'Eremita. Di aspetto semplice è l’interno della piccola chiesetta, pavimentata da mattoni esagonali in cotto e coperta da un tetto ligneo a capriata semplice. Sulla parete di fondo è addossato l’altare in muratura che, decorato da specchiature con vasi di fiori, ospita la tela eseguita dal pittore Giuseppe Tomasi da Tortorici nel 1649. La grotta, alla alla quale si accede tramite una settecentesca cancellata in ferro battuto, si trova a quota più bassa rispetto al pavimento dell’aula ed ospita un pregevole simulacro seicentesco ritraente il Santo nel consueto atteggiamento orante e nella posizione in cui fu trovato esanime.
MESSINA - TEATRO VITTORIO EMANUELE, VIAGGIO DIETRO LE QUINTE.
La posa della prima pietra del “novello Teatro” di Messina, intitolato a Santa Elisabetta in omaggio a Maria Isabella di Spagna, madre di Ferdinando II, avvenne il 23 aprile 1842. L’inaugurazione fu celebrata il 12 gennaio 1852; nel 1860 tuttavia, con l’annessione al Regno d’Italia, la denominazione del S. Elisabetta fu mutata in “Vittorio Emanuele II”, in occasione dell’annessione del “Regno delle due Sicilie al Regno d’Italia sotto lo scettro costituzionale di Vittorio Emanuele II”. Danneggiato dal terremoto di Messina del 1908 è stato oggetto di un restauro che lo ha quasi interamente ricostruito: all'interno fu ampliato ed il soffitto decorato da Renato Guttuso con la raffigurazione della leggenda di Colapesce. I lavori furono portati a termine solo nel 1980.
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