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Polemiche dopo l'acquisto della Regione del castello di Schisò a Giardini Naxos

Scoppia la polemica sul prezzo pagato dalla Regione siciliana, 3,4 milioni di euro, alla famiglia Paladino per l’acquisto del Castello di Schisò, edificio del XIV secolo di oltre tremila metri quadrati con annesso un grande giardino, affacciato sulla baia di Naxos (Me), in riva a uno dei tratti di mare più famosi.

L’operazione definita ieri con atto notarile viene contestata da Legambiente. "Come si è arrivati a comprare il Castello per una cifra quasi tre volte superiore a quella fissata nel marzo scorso? C'è una nuova valutazione del valore dell’immobile? Chi l’ha fatta? Chiediamo chiarezza, perché continueremo a batterci per salvare il patrimonio culturale della nostra regione, ma, con la stessa
forza e determinazione, vogliamo affermare i valori di legalità e trasparenza», dice Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia.

E l’ex assessore regionale al Turismo, il deputato Anthony Barbagallo (Pd), aggiunge: «Poco meno di un anno fa, nel dicembre 2017, il bene era stato battuto all’asta a 1.615.000 euro». Una cifra, insistono gli ambientalisti, «che avrebbe dovuto sborsare la Regione esercitando il diritto di prelazione, essendo un bene vincolato».

Prova a spegnere le polemiche, l’assessore regionale ai Beni culturali, Sebastiano Tusa: «Il prezzo è stato determinato attraverso una elaborata, precisa e ampiamente documentata analisi effettuata Dipartimento regionale tecnico dell’assessorato delle Infrastrutture, ufficialmente preposta all’esecuzione di tali valutazioni». E ricorda «che l’acquisto comprende, oltre all’edificio in sé, anche delle rilevanti pertinenze che contribuiranno a rendere il Parco archeologico di Naxos più efficiente e attraente».

L’obiettivo è la nascita di un grande Museo archeologico a Giardini Naxos che fu la prima colonia greca di Sicilia. Nel corso dei decenni passati, la Regione aveva tentato più volte di acquistare il Castello, stanziando 12 miliardi delle vecchie lire, ma le varie procedure di esproprio erano state bloccate dai proprietari che si sono sempre opposti in sede giudiziale.

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