Trasformare un auditorium in un teatro: un sipario di velluto rosso, luci, quinte, fondali. E poi inaugurare un foyer, uno spazio dove l’attesa per assistere ad uno spettacolo si riempie di senso e di immagini che parlano d’arte e cultura. Tutto questo in un carcere, la casa circondariale di Gazzi, dove da mesi, ormai, è in atto un percorso capace di trasformare luoghi e persone attraverso il teatro, l’arte, la forza creatrice della parola, che scalda cuori e anime. Si chiama “Il Teatro per Sognare” il progetto ideato dall’associazione D’aRteventi, presieduta da Daniela Ursino, diretto dall’attore e regista Flavio Albanese, della Compagnia del Sole, sostenuto dalla Caritas Diocesana di Messina, Lipari e Santa Lucia del Mela e dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.
L’articolo 27 della nostra Carta costituzionale enuncia, tra le altre cose, che «Le pene (…) devono tendere alla rieducazione del condannato», affermazione che trova un senso attraverso progetti di rieducazione che si traducano in percorsi concreti per offrire al detenuto la possibilità di un progressivo reinserimento sociale, di nuove possibilità. Proprio il teatro talvolta diventa quello specchio in cui guardarsi con occhi nuovi e scoprirsi diversi. Questo uno dei significati del progetto avviato a Messina che oggi alla casa circondariale e domani, in occasione del convegno annuale della Caritas, vivrà due tappe salienti. Ne abbiamo parlato con la sua ideatrice, Daniela Ursino, operatrice culturale che fa della sinergia tra pubblico privato, della collaborazione tra enti, l’arma vincente per progetti di ampio respiro.
Cos’è “Il teatro per sognare”?
«Abbiamo provato a creato una “scatola magica” di cui parlava anche Giorgio Strehler, con la consapevolezza che col teatro si possa e si debba sognare, volare alto. Abbiamo intrapreso un percorso di avvicinamento al teatro per permettere ai detenuti di uscire dalla quotidianità della vita in carcere, per proiettarsi altrove. È nato con questo intento il laboratorio diretto da Flavio Albanese».
Un sogno, quindi, divenuto realtà, grazie ad uno spettacolo, ad una compagnia, ed alla nascita di un teatro. Come avete lavorato?
«Un viaggio articolato, complesso, tortuoso. Il sogno è divenuto realtà quando ci siamo misurati con le emozioni, abbiamo condiviso esperienze tra operatori e detenuti che sono stati i protagonisti dello spettacolo “Ragazzi”, tratto dal romanzo “I Fratelli Karamazov” di Fëdor Dostoevskij, che ha inaugurato lo scorso dicembre il teatro del carcere di Gazzi, portato in scena dalla “Libera compagnia del teatro per sognare” diretta da Flavio Albanese. Antonio, Bartolo, Cecè, Enzo, Luciano, Giovanni, Peppe, Teodoro, (allievi dell’istituto “Minutoli” sezione casa circondariale), e insieme a loro, in scena anche l’attore della Compagnia della Fortezza Pippo Venuto, la studentessa del liceo artistico “Basile” Virginia Giacoppo, l’assistente alla regia Antonio Previti. Un gruppo divenuto famiglia che ha trovato casa nel teatro del carcere completamente ristrutturato. Un percorso non privo di difficoltà, paure da superare, resistenze da sciogliere, ma capace di trasformare radicalmente tutti coloro che vi hanno preso parte perché “l’importante non è volare alto, ma volare insieme”».
Un progetto che fa della sinergia la sua forza, quali i principali “attori”?
«Una proficua e appassionata collaborazione tra la Casa Circondariale di Gazzi in tutte le sue componenti, in primis il direttore Calogero Tessitore, che ha creduto nel percorso così come la Caritas, che da anni porta avanti percorsi rivolti ai detenuti, il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, il Tribunale di Sorveglianza, col suo presidente Nicola Mazzamuto, la Polizia Penitenziaria. Siamo partiti in pochi e siamo arrivati in tanti, ognuno ha messo un tassello, anche per la trasformazione del teatro, come i dirigenti scolastici, docenti, studenti, degli istituti “Minutoli”, del liceo artistico “Basile”, impegnati a realizzare le scene dello spettacolo, guidati da Francesca Cannavò, l’istituto “Antonello”, e ancora l’ordine degli architetti».
Un progetto che ha ricevuto il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e del Ministero della Giustizia. Adesso due importanti appuntamenti, e poi?
Abbiamo inaugurato il foyer col materiale storico offerto dal Piccolo Teatro di Milano, e si procederà all’intitolazione del teatro, per dargli una ulteriore connotazione. Ci sarà la partecipazione, come pubblico, di tante associazioni culturali della città, di club service, che portano avanti progetti di volontariato, degli operatori della struttura, e poi delle massime autorità del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e di chi da tanti anni si occupa di teatro in carcere. L’idea adesso è proseguire col progetto, creare una sorta di un laboratorio-scuola, per insegnare i mestieri del teatro, in uno spazio che vuole essere sempre di più aperto alla città».
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