Alla fine dei conti giudiziari la sentenza di ieri pomeriggio del tribunale di Barcellona certifica che il cosiddetto “sacco edilizio” dell’isola di Salina in realtà non esisteva. E se si pensa che all’inizio questa cosiddetta maxi inchiesta, nome in codice “Isola Verde”, vedeva ben 83 indagati, stiamo parlando di un clamoroso flop. I primi bagliori delle indagini si ebbero nel 2019 per una serie chilometrica di presunti illeciti edilizi tra Santa Marina e Malfa. E tra gli indagati c’era di tutto per reati che andavano dalla corruzione alla concussione, passando per il falso e gli illeciti edilizi. Ex amministratori comunali, tecnici comunali, progettisti privati di Salina e Lipari, imprenditori, esponenti delle forze dell'ordine, residenti. Secondo l’accusa iniziale «si sarebbe formata un’associazione per trarre vantaggi personali, anche immateriali, per commettere vari delitti contro la pubblica amministrazione». E ancora: «Controlli sulle costruzioni abusive fatti “pro forma”, non segnalando gli illeciti alla magistratura, rivelazioni di notizie riservate». L’atto finale di primo grado di ieri pomeriggio deciso dal collegio penale barcellonese presieduto dal giudice Antonino Orifici e composto dai colleghi Noemi Genovese e Mariacristina Polimeni, per i dieci imputati rimasti rispetto al quadro iniziale, tra cui alcuni ex sindaci dei Comuni di Salina, parla di 7 assoluzioni con varie formule, un “non doversi procedere” per precedente giudicato, in sostanza una sentenza già emessa per gli stessi fatti, e infine di due condanne a 2 anni con pena sospesa. Vediamo il dettaglio. Nella fase finale del procedimento erano coinvolti tre ex sindaci dei Comuni di Santa Marina Salina, Malfa e Leni, ovvero Massimo Lo Schiavo, Virgilio Ciampi e Antonio Podetti. E poi i tecnici Giuseppe Caravaglio, Antonio Battaglini, Elena Caruso, Sergio Zavone, Santino Ofria, Arturo Ciampi e Gianfranco Celi. Ad assisterli in questa interminabile vicenda gli avvocati Carmelo Scillia Fabrizio Formica, Roberto Materia, Saro Venuto e Salvatore Formica. La sentenza è complessa e in pratica raggruppa i loro nomi rispetto ai capi d’imputazione iniziali. Le assoluzioni: Lo Schiavo, Caravaglio, Podetti e Battaglini hanno registrato un’assoluzione da un capo d’imputazione “perché il fatto non sussiste”; Caravaglio, Podetti, Caruso e Battaglini un’altra assoluzione da un altro capo d’imputazione sempre “perché il fatto non sussiste”; Lo Schiavo e Zavone per un altra vicenda sempre “perché il fatto non sussiste”; Virgilio Ciampi assolto “per non avere commesso il fatto». Per Ofria i giudici hanno preso atto che sugli stessi fatti c’era già stata una sentenza e hanno deciso i classico “non doversi procedere” per precedente giudicato. Infine le due condanne. I giudici hanno inflitto due anni di reclusione, con la sospensione della pena, a nucci: una per il rilascio di una concessione edilizia e un’altra per un’alterazione del registri di protocollo che attestava la data di presentazione di una pratica. Sia Arturo Ciampi che Celi hanno comunque registrato in altri cinque capi d’imputazione di cui rispondevano inizialmente, l’assoluzione con varie formule.