
Il suono a festa delle campane della Cattedrale ha annunciato l’elezione del nuovo Papa ai messinesi: un segno di gioia condivisa, mista a stupore per l’arrivo di un uomo che “non si è presentato attraverso la sua storia personale, ma ha scelto l’immagine di Cristo Risorto, il buon pastore che ha dato la vita per il gregge di Dio”. Nelle parole dell’arcivescovo Giovanni Accolla c’è tutto l’entusiasmo e la gratitudine a Dio, che nella sua provvidenza non fa mancare guide autorevoli e fedeli, per il dono di Papa Leone XIV. “Al di là delle analisi sociopolitiche, il Signore ci dona una guida spirituale che esprime l’amore di Gesù e il suo sacrificio per tutti attraverso la croce; tutti noi siamo chiamati a essere cirenei della gioia, reggendo il peso della croce insieme al Santo padre. Mons. Accolla, ricordando “la bella eredità spirituale lasciata da Papa Bergoglio”, ha spiegato come “nella chiesa la tradizione si esprime nella continuità e nella professione di fede e nella fedeltà al Signore” e della “fame di speranza che l’umanità oggi più che mai manifesta”.
“Lo spirito soffia dove vuole e tu non sai da dove viene né dove va”: con la frase di Gesù il sacerdote messinese Marco Sprizzi, presidente dell’Ufficio del lavoro della Santa Sede, ha commentato lo stupore che come lui ha pervaso molti prelati e non solo di fronte all’elezione di Robert Francis Prevost: “Sembrava che sui cardinali statunitensi ci fosse un veto per motivi geopolitici e invece questa elezione ha dimostrato la libertà della chiesa; si pensava che dopo il pontificato creativo di Bergoglio si dovesse tornare a un esperto della macchina curiale e invece è stato scelto un uomo che ha saputo lavorare bene a capo del Dicastero dei vescovi, ma soprattutto un missionario, un uomo vicino ai poveri, che sicuramente continuerà a lavorare per una chiesa sinodale, che cammina insieme”. Sprizzi ha definito geniale anche la scelta del nome, Leone XIV che richiama tre grandi figure: San Leone Magno, uno dei pontefici più grandi della storia della Chiesa, “il papa della pace, che ha affrontato Attila e gli Unni convincendoli con l’arma del dialogo a desistere”; Leone XIII, che con l’enciclica Rerum Novarum è stato precursore di un linguaggio innovativo che gli ha permesso di aprirsi al dialogo con il mondo dei lavoratori, anticipando quella che sarebbe stata la dottrina sociale della chiesa; e infine Leone II, messinese (da cui prende il nome il quartiere, ma anche l’eremo nelle vicinanze di Rometta), al quale si deve l’introduzione del segno di pace nella messa.
Per il rettore di S. Antonio padre Mario Magro, presidente del Collegamento nazionale dei santuari, “questo Papa manifesta il desiderio di continuare a rafforzare l’unità della chiesa: un compito di grande responsabilità; lo rivela il nome che porterà, ma anche il motto di S. Agostino scelto e riportato sullo stemma papale “In illo unum”, ossia “In Gesù siamo una sola cosa”.
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