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La collina di S. Saba a Messina, si indaga: la Polizia ambientale ha acceso i fari

L’Anas studia l’intervento a tutela della 113. L’assessore Minutoli avvia la rimozione di terra e macerie dal complesso Seaside

È una delle frane più dannose e delle situazioni di rischio più gravi, in termini di instabilità dei pendii collinari e di protezione civile, registrata lungo la strada statale 113 negli ultimi decenni. Come termine di paragone viene da pensare solo alle frane all’altezza della pineta di Calamona degli anni 90. Ma quella era una zona quasi disabitata. Qui ci sono insediamenti a monte e a valle, comprese canalizzazioni per il deflusso di acque nel sottostante villaggio e fino a mare. Un caso degno della massima attenzione istituzionale, che ha rischiato di passare in secondo piano mediatico rispetto alla situazione del ponte Mella, più eclatante solo in ragione della traumatica interruzione del traffico. La frana si è abbattuta la sera del 2 febbraio 2025 da monte a valle di un tratto assai frequentato della Statale, per cause sconosciute sulle quali è in corso una serrata indagine della polizia edilizia dei Vigili urbani. Siamo al chilometro 26, vicino al bivio della più visibile e praticato delle discese-salite che conducono e sono al contempo via d’uscita e fuga dal borgo di San Saba. Prima di ricordare l’accaduto, e di analizzare la complessità del presente e del prossimo futuro, va fatta una doverosa premessa.
Da qualche giorno, su ordinanza firmata dall’assessore comunale alla Protezione civile Massimiliano Minutoli, sono in corso i primi interventi di rimozione delle masse di terra, dei pezzi di cemento e dei detriti che verosimilmente da vari punti della collina sono franati il 2 febbraio sulla carreggiata, abbattendo lato monte il muro stradale, quindi sommergendo e piegando il guard-rail lato mare e rovesciandosi su parti di case e pertinenze private ed in alcune aree condominiali del complesso Seaside. Con l’avvio delle operazioni di rimozioni i residenti del complesso, e in primo luogo per i titolari delle tre abitazioni sgomberate dal 2 febbraio scorso –in particolare una donna che abita qui tutto l’anno – è possibile, forse, iniziare a tirare un sospiro di sollievo: sulla sua casa, infatti, poggiano ancora terra e macerie.

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