
Ergastolo. Ci fu la premeditazione. Fu un crescendo dettato dalla gelosia. È stata questa la richiesta finale di condanna, quella del carcere a vita, formulata dalla pm Roberta La Speme per l’operaio edile 59enne Gaetano Antonio Nucifora.
Fu lui, accecato dalla gelosia, che il 2 ottobre del 2023 sul lungomare di Furci Siculo, uccise il “caro compare” di una vita, il sovrintendente 63enne della Polizia Giuseppe Catania, che stava giocando a carte con un gruppo di amici, sparando in rapida successione cinque colpi dal suo fucile da caccia, un Bernardelli calibro 12. Il poliziotto aveva avuto per anni una relazione con la moglie di Nucifora, che l’uomo scoprì il giorno prima del delitto.
Ma ieri mattina non è stato l’ultimo atto del processo. Il giorno della sentenza, al netto delle eventuali repliche che le parti vorranno affrontare, è stato fissato dalla corte d’assise di Messina presieduta dal giudice Massimiliano Micali per il 16 aprile prossimo. Ieri mattina, dopo la richiesta della condanna all’ergastolo della pm La Speme, ha preso la parola l’avvocato Antonio Scarcella, che rappresenta i familiari come parte civile, che s’è associato a quanto sollecitato dalla pm, ragionando sulla gravità dei fatti e sulla sussistenze di ciò che contesta l’accusa anche sul piano delle aggravanti.

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