
Non avevano difetti di alcun genere. Erano perfettamente funzionanti le tre valvole impiantate nei pazienti. Quindi l’inchiesta sulle morti sospette alla Cardiochirurgia dell’ospedale Papardo vira decisamente verso la “componente batterica”.
È questa la clamorosa indiscrezione sulle risultanze di una delle tante consulenze che il pool di magistrati ha affidato per comprendere se esiste una causa ben precisa sulla catena di decessi avvenuti in un vasto arco di tempo nei due reparti, perché oltre alla Cardiochirurgia è interessata nell’inchiesta anche la Tipo, la Terapia intensiva post operatoria. La consulenza è dell’ingegnere biomedico Antonietta Perrone, responsabile dell’Unità operativa di Ingegneria clinica e Tecnologie sanitarie del Policlinico Federico II di Napoli. E la professionista avrebbe escluso con le risultanze definitive delle sue verifiche sia difetti di fabbricazione sia malfunzionamenti.
Esclusa quindi a quanto pare la cosiddetta “causa meccanica”, cioé il mancato o errato funzionamento delle valvole cardiache impiantate sui pazienti, rimane in piedi la “causale batterica”, cioé la principale ipotesi che hanno formulato i magistrati per spiegare i decessi. E cioé che nei reparti interessati durante gli interventi o i ricoveri post operatori i pazienti abbiano potuto contrarre gravi infezioni batteriche che poi li hanno portati alla morte.
Quindi l’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio ed affidata alle sostitute Annamaria Arena e Alice Parialò va avanti, in attesa che vengano depositate in Procura le altre perizie che riguardano l’ipotesi di infezione batterica. Su questo aspetto c’è già un primo responso, parziale del laboratorio specialistico Chemlab di Catania, che al Papardo ad ottobre aveva effettuato i primi rilievi nelle sale operatorie e in altri reparti. In quel primo rapporto gli esperti, sintetizzando, avevano rilevato la presenza di acqua contaminata, rubinetti senza filtri e strumenti non sterili nelle sale operatorie, che erano state poi sottoposte a sequestro dai carabinieri dei Nas il 23 novembre successivo, e sono state dissequestrate solo a gennaio, dopo la richiesta della Procura accordata dalla gip Tiziana Leanza.

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