Confisca dei beni per il boss tortoriciano Calcò Labruzzo: una ventina di terreni nelle campagne di Francavilla
A quattordici anni di distanza da una delle tante puntate dell’operazione antimafia “Gotha”, in questo caso quella del giugno 2011, arriva la confisca della “robba” per il silente boss tortoriciano 73enne ed ex allevatore Salvatore Calcò Labbruzzo, che un tempo viveva appartato fra Tripi e Falcone. Da sempre è stato ritenuto dalla Dda di Messina vicino al sottogruppo dei Mazzarroti di Cosa nostra barcellonese, per conto del quale avrebbe commesso omicidi ed estorsioni. È stato condannato nel 2018 in via definitiva alla pena dell’ergastolo. Si tratta di parecchi terreni, una ventina circa, di cui aveva la disponibilità anche in relazione ai possedimenti del figlio, perlopiù adibiti a pascolo, che si trovano tutti sparsi nelle campagne a Francavilla di Sicilia. La decisione è della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Messina presieduta dal giudice Domenico Armaleo, che ha accolto la richiesta a suo tempo depositata della Distrettuale antimafia di Messina, la vicenda è stata seguita dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio. Calcò Labruzzo è assistito in questa vicenda dall’avvocato Nicola Verderico di Barcellona Pozzo di Gotto. Scrivono tra l’altro i giudici delle Misure di prevenzione che «... l’odierno proposto dai primi anni Novanta sino al 24.06.2011 è stato partecipe dell’associazione mafiosa denominata famiglia dei barcellonesi la cui esistenza, com’è noto, è stata ripetutamente acclarata in numerose pronunzie giudiziarie definitive. Nel corso dell’istruttoria dibattimentale le considerazioni esposte in sede di decreto primigenio in punto di pericolosità sociale del Calcò Labruzzo Salvatore non sono state oggetto di specifiche contestazioni da parte delle difese. Si tratta, a ben guardare - spiega ancora il decreto di confisca -, di un giudizio difficilmente superabile ove si ponga mente alla circostanza che l’affiliazione del proposto è stata, come già anticipato, accertata da statuizioni che hanno assunto il rango di giudicato. Né sotto il profilo della perimetrazione temporale della pericolosità sociale del Calcò Labruzzo le difese hanno sollevato contestazione alcuna.