Un incubo durato nove lunghissimi anni. Calciopoli è solo un brutto ricordo per Tullio Lanese. «Giustizia è fatta», disse con orgoglio l’ex arbitro messinese, per sei anni ai vertici dell’Aia, che ha vinto la sua lunga “battaglia” giudiziaria. Tutto ebbe inizio nella primavera del 2006 quando a Lanese venne notificato un avviso di garanzia: era solo l’alba di Calciopoli. Lanese, che all’epoca era presidente dell’Aia, si dimise dall’incarico. Al processo sportivo venne condannato dalla Corte Federale per 2 anni e 6 mesi prima che la Camera di Conciliazione e Arbitrato del Coni diminuisse la sanzione ad un solo anno. Dalla Procura di Napoli arrivò per Lanese la richiesta di rinvio a giudizio per associazione a delinquere finalizzata a frode sportiva. Nel dicembre 2009 l’ex n.1 dell’Aia venne condannato in primo grado a 2 anni di reclusione con rito abbreviato. Ma il 5 dicembre 2012 la Corte d’Appello di Napoli lo assolse ribaltando la sentenza di primo grado. Nei mesi successivi la Procura Generale impugnò la sentenza chiedendo l’annullamento dell’assoluzione. Poi la vittoria più bella per Lanese. Era il 24 marzo 2015, il giorno più atteso per Tullio: una liberazione per chi si è dovuto trascinare per troppo anni una ingiusta accusa. Fu la Cassazione a respingere il ricorso della Procura Generale. Una carriera da numero uno che Calciopoli ha rischiato di macchiargli per sempre. «Proprio io, che sono sempre stato un garante della lealtà, mi sono trovato al centro di una vicenda che ha fatto male non solo a me, ma soprattutto alla mia famiglia», disse commosso Lanese dopo l’assoluzione. L’ex n°1 dell’Aia non ha mai spesso di credere nella giustizia, aspettando che fosse il tempo a dargli ragione. E così è stato. Dopo 9 anni il disegno accusatorio nei suoi confronti fu smontato dalla Cassazione. «Non ho mai pensato che potesse finire diversamente – aggiunse Lanese – perché io non ho commesso alcun reato. Tant’è che sono stato l’unico ad essere pienamente assolto perché il fatto non sussiste. È una gioia immensa per me, per i miei familiari che hanno dovuto sopportare l’amara vicenda, per i tanti amici, anche ex arbitri, che mi hanno sempre manifestato la loro immutata stima. Alla lettura della sentenza, mi sono anche emozionato. È stato come cancellare in un attimo 9 anni d’inferno». Non la giudicò una rivincita, ma «un atto di giustizia per un uomo che ha dato tutto al mondo del calcio, ricevendo altrettanto». L’ennesima vittoria di un campione di sport e di vita.