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Il femminicidio di Lorena Quaranta a Furci: i difensori dell’omicida De Pace presentano un ricorso in Cassazione

L’ennesima puntata giudiziaria sulla studentessa strangolata dal fidanzato nel 2020 a Furci

Lorena Quaranta, soffocata dal fidanzato

La corte d’appello di Reggio Calabria che ha confermato l’ergastolo al processo “bis” per l’infermiere calabrese Antonio De Pace, il femminicida della 27enne di Favara Lorena Quaranta, non avrebbe colto quale era il “senso” del rinvio deciso a suo tempo dalla Cassazione per valutare il cosiddetto “stress da covid”. Nell’omicida era presente nelle ore immediatamente precedenti al delitto quel forte senso di agitazione che i giudici reggini avrebbero fortemente sottovalutato se non addirittura negato. Insomma ci sarebbe stato un classico «travisamento della prova e del fatto» da parte dei giudici.
Sono questi alcuni punti-chiave del ricorso per Cassazione che gli avvocati Salvatore Staiano e Bruno Ganino, i difensori dell’infermiere calabrese, hanno depositato nei giorni scorsi per l’ennesima triste puntata giudiziaria di una vicenda straziante. Che ormai si trascina dal giorno maledetto dell’omicidio della ragazza, che avvenne il 31 marzo del 2020, in piena pandemia, nell’abitazione di Furci Siculo, nel Messinese, che la coppia condivideva per lavoro e studio, dato che Lorena stava completando il corso di laurea in medicina.
Il 4 febbraio scorso i giudici della Corte di assise di appello di Reggio Calabria hanno reso note le motivazioni della sentenza “bis” del novembre scorso, con cui hanno rigettato la richiesta dei legali del trentaduenne di concedergli le attenuanti generiche e, quindi, ridurre la pena. Valutando l’eventuale sussistenza dell’elemento che venne da tutti definito lo “stress da covid”.

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