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Messina, maxi operazione "Acquarius": il gruppo criminale Mazza Ubertalli "associazione dedita al narcotraffico"

In via Bordonaro 16 andavi sul sicuro. Trovavi sempre roba “buona”. Il gruppo si permetteva pure il lusso di rifiutare quelle partite di droga che considerava non all’altezza della “qualità” garantita ai clienti. C’è questo e tanto altro nelle motivazioni della sentenza d’appello dell’operazione antidroga “Acquarius” sullo spaccio di droga gestito dal gruppo Mazza Ubertalli tra Mangialupi e Gazzi. Le ha scritte in 137 pagine il giudice Carmine De Rose, che insieme alla collega Luana Lino faceva parte del collegio d’appello presieduto da Antonino Giacobello che nel giugno scorso ha inflitto 16 condanne. Tra i principali esponenti del gruppo Lucio Mazza, condannato a 15 anni, e Daniele Mazza, condannato a 13 anni e 10 mesi, Lorenzo Ubertalli, condannato a 14 anni un mese e 10 giorni. Ecco alcuni passaggi-chiave delle motivazioni.
L’inquadramento della vicenda Scrivono i giudici che l’intero compendio di vicende storico-processuali ruota intorno alle posizioni, simbiotiche ed interrelazionali, di due nuclei familiari collegati da reciproci rapporti di affinità, gli Ubertalli ed i Mazza, veri poli di aggregazione di altri nuclei familiari (i Russo in primis) e di ulteriori singoli soggetti con essi relazionantisi, al fine di articolare una organizzata e dinamica attività di cessioni plurime di stupefacenti nella zona centro-sud del tessuto urbano di Messina, compagine sociale con cui risultano, in alcune particolari sottovicende oggetto di vaglio giudiziale, interfacciatisi anche soggetti provenienti dal territorio calabrese (il Giorgi, il Minnella ed il Primerano), il tutto con evidenti sinergie, ripartizioni di compiti e di funzioni ed afflato unitario nell'esercizio di tali attività e con gestione, come si vedrà, financo di una cassa comune e di alcune armi, chiaramente rafforzative e funzionali alla protezione degli scopi del sodalizio.

L’associazione

Sono poi emblematici ed indiscutibili emblemi dell’esistenza e dell’operatività di una associazione dedita al narcotraffico, con un peculiare ed indeterminato programma criminoso di tal fatta - scrivono in un altro passaggio i giudici -, non già di un improvvisato ed episodico concorso in reati di cessione di stupefacenti fra gli appellanti, riscontri quali la messa in atto di schematismi semplici ma efficaci nelle loro dinamiche funzionali, quali il riporre stupefacente in intercapedini murarie, pluviali, tombini e parti di autovetture posti nei pressi dell’abitazione dei Mazza in via Bordonaro, senza depositare grossi quantitativi di droga in casa, l’uscire sempre in coppia a ritrarne una parte e/o a riporvela per le varie cessioni operate e per il deposito ulteriore (con l’evidente scopo di far si che uno dei due soggetti controllasse i dintorni per evitare “sorprese” da parte delle Forse dell’ordine o di altri), il discorrere apertamente, in alcune conversazioni captate, proprio di “grammi”, di “squagliare”, di denaro da raccogliere e da spartirsi (in assenza di riferimenti ad attività lavorative di sorta e/o a natura diversa dei rapporti credito/debito menzionati), il precipuo interesse dei germani Mazza Daniele (pur nel suo stato di restrizione carceraria), e Mazza Lucio (principale motore dinamico dell’organizzazione) nell’organizzazione dei rapporti e nel funzionamento delle relazioni interne al gruppo, la presenza di una cassa comune (la cui contabile era da individuarsi in Aliotta Aurora), l’interfaccia col gruppo dei “calabresi” rappresentato dai coimputati Giorgi, Primerano e Minnella (che, come si vedrà, non si erano recarti a Messina né per caso né per gita di piacere e che non avevano altro interesse a relazionarsi con il gruppo familiare Mazza Ubertalli-Russo se non nella evidente qualità di fornitori di stupefacente, contattati tramite appositi criptofonini impedenti le captazioni), il deposito ulteriore di droga e di armi in un locale nella disponibilità di Ubertalli Lorenzo e gli appositi “viaggi” col motorino che lo stesso Ubertalli, spesso senza entrare in casa ma semplicemente raccogliendo qualcosa che gli veniva porto da una finestra da parte delle donne ivi presenti, questi intascava e riportava con sé sullo stesso mezzo.

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