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Capo d’Orlando, truffa ai danni dell’Agea: pene rideterminate in Appello. A Sindoni inflitti 4 anni e 6 mesi

Pene rideterminate con conferma dell’associazione a delinquere, l’assoluzione per alcune imputazioni e l’intervenuta prescrizione di altre ipotesi di reato.
Così si è pronunciata la Corte d’Appello di Messina nella sentenza di secondo grado emessa a carico dell’imprenditore ed ex primo cittadino di Capo d’Orlando, Enzo Sindoni, e di altri sei imputati per truffa ai danni dell’Agea (l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura) finalizzata all’ottenimento di indebiti contributi comunitari.
La prima sezione penale della Corte messinese, presidente Tripodi, in parziale riforma della sentenza che era stata emessa nel luglio di due anni addietro dal collegio del Tribunale di Patti, ha così ridotto la pena per l’ex sindaco orlandino dagli originari sette anni e quattro mesi del primo grado a quattro anni e sei mesi di reclusione.
Le contestazioni, come già pubblicato in queste stesse colonne a conclusione del processo di primo grado, riguardavano le attività dei consorzi agrumicoli Upea, Pac ed Agridea, di cui Sindoni è stato riconosciuto amministratore di fatto, al centro di un’inchiesta del 2016 coordinata dalla Procura della Repubblica di Patti e condotta dai militari della Guardia di finanza.
Rideterminate le pene anche per Giuseppe Micale, tre anni e sei mesi (in primo grado 5 anni e 4 mesi) nella qualità di presidente del consiglio direttivo e legale rappresentante dei consorzi Upea e Pac; Santino Gori, due anni e quattro mesi (3 anni e 6 mesi) quale presidente del consiglio direttivo e legale rappresentante di Agridea; Basilio Scaffidi Chiarello, tre anni e sei mesi (6 anni e 4 mesi) come responsabile finanziario ed addetto ai pagamenti dei tre consorzi; Leuccio Tonarelli, due anni e sei mesi (6 anni e 4 mesi) quale responsabile contabile ed amministrativo del consorzi e infine Antonio Gori, due anni (3 anni e 8 mesi) per la sola contestazione di associazione quale lavoratore e uomo di fiducia.
Sindoni, Micale, Scaffidi e Tonarelli sono stati quindi assolti, perché il fatto non costituisce reato, per cinque accuse di dichiarazione fiscale fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, mentre è stata dichiarata l’intervenuta prescrizione di nove ipotesi della stessa natura fiscale e due di truffa.

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