Alla fine di questa storia è rimasto ben poco in piedi, tra assoluzioni e prescrizioni. L’ultima puntata, al secondo rinvio della Cassazione, s’è consumata ieri mattina davanti ai giudici della corte d’appello di Messina per gli unici due imputati rimasti invischiati nel processo “Concussio”. È un’indagine della Dda di Messina e dei carabinieri che vedeva al centro le presunte richieste di pizzo per l’appalto da un milione di euro bandito dal Comune di Mistretta per il restauro delle 12 opere della Fiumara d’Arte, il meraviglioso parco di sculture più grande d’Europa creato dal mecenate Antonio Presti nella grande vallata di Tusa. La sezione penale della corte d’appello di Messina presieduta dalla giudice Katia Mangano ha deciso ieri una nuova sentenza sul fatto dopo il secondo rinvio della Cassazione, sostanzialmente per una “carenza di motivazione” che secondo i giudici romani era il vizio-cardine delle due sentenze d’appello precedenti. In questo caso il processo riguardava solo Giuseppe “Pino” Lo Re, originario di Caronia, in origine ritenuto dalla Distrettuale antimafia di Messina “vicino” alla famiglia mafiosa di Mistretta, e la cartomante di Acquedolci Isabella Di Bella, che nel novembre del 2022 per il secondo verdetto d’appello vennero condannati per l’ipotesi di tentata estorsione rispettivamente a 4 anni e 2 anni e 6 mesi, con l’esclusione però da parte di quei giudici dell’aggravante del metodo mafioso. I due sono assistiti rispettivamente dagli avvocati Giuseppe Serafino e Alvaro Riolo. Che alla fine hanno avuto ragione con i loro vari ricorsi depositati in Cassazione, per una vicenda che hanno sempre definito come sostanzialmente priva di qualsiasi fondamento per i loro assistiti. L’accusa, c’era in aula il sostituto procuratore generale Giuseppe Costa, aveva a suo tempo chiesto la conferma delle condanne. Ma ieri il verdetto ha cambiato ancora lo scenario, che adesso dovrebbe essere quello definitivo. I giudici hanno riqualificato ancora il reato, ritenendo sussistente non più la tentata estorsione ma la tentata truffa per un’ipotesi particolare, ovvero quella prevista dal secondo comma dell’art. 640 c.p., che ipotizza un caso specifico, ovvero “se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’Autorità”. E dopo la riqualificazione del fatto hanno dichiarato per entrambi gli imputati, Lo Re e Di Bella, il reato estinto per intervenuta prescrizione. .